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I rettili marini del Triassico e l'adattamento alla vita acquatica

I primi rettili acquatici, come i Mesosauri, avevano già ripreso la via del mare da antenati terrestri durante il Permiano, tra i 290 e i 270 milioni di anni fa. Siamo portati a pensare al successivo Mesozoico, invece, associando i rettili sopratutto come i dominatori prolifici della terraferma. L'estinzione del Permiano ha creato un vuoto in numerose nicchie ecologiche che con il tempo i rettili hanno occupato, adattandosi a stili di vita da insettivori, carnivori ed erbivori, colonizzando ogni ambiente, dai deserti agli altopiani. Questo è valido però anche in considerazione dell'acqua.

Non impiegarono molto, infatti, a riadattarsi ai loro antichi antenati acquatici e molti gruppi tra i 252 e i 200 milioni di anni fa, durante il Triassico, recuperarono l'attitudine alla vita acquatica con una serie di interessanti adattamenti. La gran parte di questi rettili marini scompariranno nell'estinzione di massa che segna il passaggio al Giurassico, ma altri, come i Plesiosauri continueranno a prosperare generando nuove dinastie.

Ma quali sono le caratteristiche che hanno favorito l'adattamento alla vita acquatica?

Plesiosaurus by Sirio Checola

 

Prima di tutto va evidenziato come, con una pressione selettiva favorevole, come quella consequenziale all'estinzione del Permiano, i primi rettili diapsidi avevano a disposizione l'elemento acquatico grazie all'adattamento favorito dal basso tasso metabolico, dalla tolleranza all'anossia (la carenza di ossigeno) e dalla capacità di sfruttare un metabolismo anaerobico.

Questi rettili che daranno origine ai Saurotterigi, differenziati successivamente in Nothosauri, Placodonti e Plesiosauri, sono inizialmente simili per forma e dimensioni: è proprio grazie alla forma del corpo che il passaggio alla vita acquatica è relativamente semplice, soprattutto in un momento in cui il clima caldo permetteva ai rettili il mantenimento di una temperatura corporea sufficientemente alta anche in acque che si trovavano in luoghi con temperature normalmente non favorevoli.

L'anatomia stessa "si adattò" a più riprese, mentre i rettili tornavano in mare: alcuni animali svilupparono colli più flessibili (oltre che lunghi) così da riuscire meglio a scattare per catturare prede guizzanti, mascelle e gole iniziarono ad adattarsi notevolmente alla predazione acquatica.

Alcuni tratti peculiari di Nothosauroidea, come il cranio grande (con finestre temporali molto grandi) e gli arti anteriori robusti, tracciano un solco evidente con i Pachypleurosauroidea, animali più gracili, dal cranio più piccolo e con arti meno sviluppati. La coda stessa, in Pachypleurosauroidea più lunga e fina, coerente con un nuoto ondulatorio, lascia supporre una capacità natatoria del tutto diversa rispetto a quella consentita dalla coda corta e tozza di Nothosaurus, adatta per un nuoto parassiale.

Gli arti, quindi, passarono da adattamenti terrestri (o quantomeno anfibi) ad essere pagaie o vere e proprie pinne, prettamente adattate per la vita in mare, così come le code e i corpi divennero più idrodinamici per consentire movimenti più efficaci in acqua (in termini di velocità ed energie spese).

L'evoluzione dei Saurotterigi va, quindi, verso un progressivo irrigidimento del tronco ed un passaggio del nuoto da assiale ondulatorio a parassiale simmetrico.

Il passaggio da forme semi-acquatiche, come Nothosaurus, ad animali altamente specializzati alla vita lontana dalla terra ferma, come Plesiosaurus passa anche per la loro capacità riproduttiva.

Fossili di Pachipleurosauri ritrovati in Cina dimostrano come già questi primitivi rettili marini erano vivipari.

La viviparità, cioè la capacità di mettere al mondo piccoli vivi, è un vantaggio evolutivo fondamentale per un animale che vive in alto mare, poiché consente di non tornare sulla terraferma per deporre le uova. Questo adattamento però non è essenziale, come dimostrano bene alcuni rettili marini moderni, come le tartarughe, le quali lasciano il mare per nidificare.

Tutti i Cheloni, infatti, depongono le uova sul terreno: la differenza sostanziale è che le specie tropicali possono avere diverse nidiate annue, mentre quelle a temperature più miti solitamente nidificano una sola volta l'anno.

L'estinzione del Triassico, modificando gli aspetti che avevano consentito ai rettili marini di riconquistare l'elemento acquatico dopo l'estinzione del Permiano, porterà alla fine della gran parte dei Saurotterigi.

Il solo gruppo dei Plesiosauri sopravviverà, arrivando a colonizzare addirittura fiumi e laghi di acqua dolce, grazie ai loro adattamenti che consentivano di essere totalmente indipendenti dagli eventi e dai cambi climatici sulla terraferma.

 

Questo articolo conclude un piccolo ciclo dedicato ai rettili marini, dove spero di essere riuscito a chiarire (oltre ad incuriosire) maggiormente alcuni aspetti di queste creature troppo spesso confuse ed etichettate come "dinosauri marini". Sono sicuro ci sarà occasione per tornare ad approfondire questi argomenti ma per qualsiasi dubbio non esitate a commentare o a scrivere alla pagina Facebook del Café Paleontologico!

Ringrazio uno di voi lettori, Sirio Checola, per aver realizzato l'immagine che ho utilizzato per questo articolo, ma un grazie lo dedico anche a tutti voi per il grande interesse che avete mostrato!


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