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L'enigmatico drago argentino

Argentinadraco.

Altro che "Flying monsters" o "dinosauri volanti" come troppo spesso sento dire. L'ultimo pterosauro ad essere stato descritto, Argentinadraco, prende il nome dalla più evocativa delle creature a cui possiamo pensare immaginando un rettile volante: il drago.

Il resto del nome è un omaggio alla terra in cui è stato scoperto e fa riferimento all'Argentina e al lago Barreales (il nome completo è infatti Argentinadraco barrealensis).

Proveniente dalla Patagonia del Cretaceo Superiore, il fossile consiste in una mandibola priva di denti rinvenuta nella Formazione Portezuelo in quello che è noto come Futalognko site, a nord-ovest della città di Neuquén. Questo nuovo pterosauro, al momento ascritto ad Azhdarchoidea, ha ancora una collocazione enigmatica a causa della morfologia unica della porzione inferiore della mandibola che lo rende difficilmente paragonabile a qualsiasi altra specie. La sua particolarità, inoltre, può far supporre anche una dieta ed una nicchia ecologica mai proposta prima per uno pterosauro.

Questo articolo è soprattutto utile per mostrare come con metodo si può esaminare anche il solo frammento di un osso, arrivando a definire un animale, il possibile comportamento, la nicchia ecologica e, forse, a modificare la concezione di un'intera famiglia di appartenenza.

Argentinadraco in Barreales realizzato insieme a Luca Milione

Il fossile è stato descritto da Alexander Kellner, paleontologo brasiliano tra i massimi esperti di pterosauri, e da Jorge Calvo, professore di paleontologia e direttore del "Centro de Investigaciones Paleontológicas Lago Barreales".

Argentinadraco è stato trovato proprio qui, ed è particolare già per il luogo del rinvenimento. Il sito di scavo del Futalognkosaurus è infatti un rarissimo Fossil-Lagerstätte: una perfetta istantanea di un areale del Cretaceo Superiore, dove si sono conservati fossili appartenenti allo stesso habitat continentale. Ho specificato "continentale" perché questa è un'ulteriore caratteristica che dobbiamo tenere in considerazione parlando di Argentinadraco, soprattutto quando cercheremo di ricostruirne l'alimentazione. Solitamente le specie di pterosauri sono infatti ritrovate in prevalenza in quelli che erano ambienti costieri o posti ai margini di habitat marini.

Invece nei depositi tipicamente terrestri fossili di pterosauri non sono molto comuni: tra questi eccezionali siti di scavo troviamo quelli del tardo Giurassico della Formazione Tiaojishan, quelli del Cretacico inferiore della Formazione Yixian e Jiufotang oltre ai depositi del Cretacico superiore della Formazione Goio-Erê e della Formazione Javelina.

Il fossile proviene dal giacimento continentale della Formazione Portezuelo, in un habitat che è stato ricostruito (Sánchez et al. 2005) come un'umida pianura alluvionale temperata composta da vegetazione esuberante e attraversata dai meandri di diversi fiumi. L'Argentinadraco viveva, quindi, accanto a teropodi come Megaraptor, Unenlagia e Patagonykus, oltre che a grandi titanosauri come Futalognkosaurus e Mendozasaurus.

Il "Proyecto Dino" al centro di ricerca paleontologica del lago Barreales

 

Quando gli pterosauri iniziarono ad essere scoperti anche nel continente americano, durante la "Guerra delle Ossa" intrapresa da Edward Drinker Cope e Othniel Charles Marsh, vennero identificate e battezzate numerose diverse specie in base ai resti parziali di scheletri.

Tra questi però non figurava nessun cranio.

Fu soltanto nel 1876, quando il biologo e cacciatore di fossili Samuel Wendell Williston scoprì in Kansas il cranio di uno pterosauro, che Marsh riuscì a cogliere una sostanziale differenza che contraddistingueva questi fossili di rettili alati da quelli del vecchio continente. Il fossile di questo animale, così iconico da diventare per molti il termine generico per indicare qualsiasi rettile volante, era contraddistinto da un becco privo di denti.

Per questo motivo Marsh coniò il nome di "Pteranodon" (letteralmente "privo di denti") e riclassificò in questo genere molti dei primi ritrovamenti di cui era sconosciuto il cranio.

In questo aspetto l'olotipo di Argentinadraco è perfettamente corrispondente alla classica iconografia dello "pteranodonte", inteso come rettile volante con il becco privo di denti.

L'analogia, però, non va molto oltre.

Il fossile è per lo più completo, ma mancano sia le estremità anteriori che quelle posteriori.

Per proteggere il reperto parte della matrice è stata conservata, soprattutto sul lato sinistro e tra la giunzione posteriore della mandibola, mentre il lato destro e la maggior parte della superficie dorsale è stata completamente liberata dal sedimento. Il frammento è di circa 26 cm (10 pollici), ma una stima esatta delle reali dimensioni una volta completa è difficile da effettuare poiché le branche (comunemente note come rami della mandibola) sono rotte ed incomplete.

Vista dall'alto, la mandibola è a forma di Y, con una sinfisi estremamente lunga e stretta.

Questa compressione laterale che va da circa 15 mm a 6 mm è una caratteristica naturale e non artefatto tafonomico.

Il margine ventrale della sinfisi è smussato e formato da un addensamento osseo funzionale ad irrobustire la regione posteriore della mandibola.

Quando si vede dal lato, la caratteristica più importante è invece una cresta arrotondata sottostante il becco nella parte posteriore della sinfisi. Questa cresta percorre sagittalmente (senso antero-posteriore) la mandibola e probabilmente, in vita, era ricoperta dalla cheratina che componeva il resto del becco.

 

La classificazione di Argentinadraco non è stata affatto semplice a causa delle sue numerose autapomorfie (caratteristiche uniche esclusive).

Gli autori sono partiti confrontando Argentinadraco con diversi pterosauri privi di denti, perciò seguirò la stessa impostazione.

Se la tassonomia vi spaventa, tranquilli, cercherò di rendere questa parte il più accessibile possibile: altrimenti potete semplicemente guardare il video "riassuntivo" che ho realizzato per sintetizzare il tutto in modo elementare.

  • Pteranodontidae: nonostante Argentinadraco condivida una profonda porzione della sinfisi mandibolare con questa famiglia, la nuova specie differisce soprattutto perché possiede una depressione ancora più profonda in una porzione posta più anteriormente nella mandibola. Inoltre Argentinadraco è caratterizzato da un margine dorsale leggermente inclinato verso il basso, contrariamente a quello tendente verso l'alto degli Pteranodontidi. Infine, un'ulteriore distinzione è la presenza di una fossa nel dentario ben sviluppata nel nuovo taxon (con l'estremità dorsale posta posteriormente rispetto alla ventrale);

  • Nyctosauridae: spesso inclusi nella precedente famiglia (poiché anch'essi sono dotati di una voluminosa cresta ed hanno un'anatomia simile) condividono la presenza della fossa nel dentario con Argentinadraco, ma differiscono per il margine dorsale della mandibola inferiore arcuato verso l'alto, oltre che per la forma della sinfisi mandibolare;

  • Dsungaripteroidea: la profondità della sinfisi è un elemento distintivo di Argentinadraco anche nei confronti di un Dsungaripteroide basale come Nemicolopterus;

  • Tapejaridae: una sinfisi gradualmente più profonda posteriormente è una condizione condivisa con Pteranodontidae, come abbiamo detto, e con Azhdarchidae. I Tapejaridi invece sono contraddistinti, in proporzione, da una profondità ancora maggiore e da rami mandibolari più robusti (non solo rispetto ad Argentinadraco ma anche in confronto a tutti gli Azhdarchoidae). La forte inclinazione verso il basso, inoltre, evidenzia un'ulteriore marcata differenza da Argentinadraco, nonostante diversi membri di Tapejaridae condividano con questo la caratteristica cresta sagittale;

  • Thalassodrominae: in cui sono ricompresi Thalassodromeus e Tupuxuara, differiscono da Argentinadraco per la mancanza della concavità della parte posteriore della sinfisi mandibolare e, pur condividendo il profilo decisamente compresso lateralmente, presentano un margine occlusale "affilato" simile ad una lama e perciò del tutto differente da quello piatto e smussato osservabile nella mandibola di Argentinadraco;

  • Azhdarchidae: i restanti pterosauri privi di denti sono tutti parte di questa famiglia, e condividono con Argentinadraco il margine dorsale leggermente arcuato verso il basso e la sinfisi mandibolare gradualmente più profonda posteriormente. In ogni caso, però, la superficie occlusale smussata e la presenza di una cresta dentaria sagittale distinguono la nuova specie da tutti i taxa osservabili in questa famiglia.

Come abbiamo avuto modo di osservare, una chiara collocazione di Argentinadraco non è affatto semplice ed è possibile anche che questa nuova specie possa rappresentare un clade non ancora identificato.

Gli autori, comunque, basandosi sulla forma complessiva e sulla datazione dei depositi in cui il fossile è stato rinvenuto, hanno provvisoriamente classificato Argentinadraco come un membro basale della famiglia degli azhdarchidi.

 

I membri di Azhdarchidae sono pterosauri straordinari, spesso di taglia molto grande, che sono riusciti a conquistare un loro posto nell'immaginario collettivo grazie ad animali come il Quetzalcoatlus.

Questo imponente pterosauro viene infatti spesso dipinto mentre plana in ampi cerchi, sfruttando gli oltre undici metri di apertura alare, alla ricerca di qualche carogna in putrescenza.

Gli Azhdarchidae sono inoltre degli animali caratteristici dell'entroterra.

Argentinadraco, come dicevamo all'inizio dell'articolo, non fa eccezione. Quindi anche la loro lontananza dal mare è stata spesso giustificata proprio facendo ricorso alla capacità di volo e alla resistenza che un rettile volante di dimensione abnormi avrebbe potuto avere, tracciando analogie con lo stile di vita e di volo di grandi uccelli moderni come l'albatro urlatore (Diomedea exulans) o, coerentemente con l'ipotesi necrofaga, con il condor delle Ande (Vultur gryphus).

Ma osservare solo il più iconico esemplare di una famiglia, in questo caso Quetzalcoatlus, può essere molto fuorviante nella ricostruzione delle abitudini dei restanti membri.

Ma come possiamo definire il comportamento e le abitudini alimentari di Argentinadraco partendo solo da un frammento di mandibola?

Innanzitutto definendo ciò che non era.

Il rinvenimento nel giacimento del Lago Barreales lo colloca in quella che 90 milioni di anni fa era una piana alluvionale formata dai meandri di antichi fiumi, ben lontano dal mare quindi.

Le dimensioni medie, stimate in analogia agli affini attorno ai quattro metri di apertura alare, rendono difficile ipotizzare lunghi spostamenti dall'entroterra alla costa.

Infine un becco privo di una qualche sorta di uncino (e denti ovviamente) con un margine piatto e non affilato suscita perplessità sulla sua reale capacità di "scavare" nel corpo delle carogne, strappando lembi di carne.

Non era uno "spazzino" adatto a strappare carne e frantumare ossa, così come non poteva pescare in alto mare.

Nulla ci impedisce però di cercare una qualche nicchia ecologica proprio in un ambiente continentale alluvionale formato dai depositi sabbiosi e argillosi creati dal corso di vari fiumi.

Un ambiente simile è infatti favorevole alla diffusione di una fauna di invertebrati, gasteropodi d'acqua dolce, molluschi e granchi il cui guscio sarebbe stato accessibile per il becco largo e dai margini piatti di Argentinadraco.

Inoltre la profonda depressione posteriore nella mandibola suggerisce un morso molto forte, necessario per un predatore durofago specializzato, come era stato addirittura ipotizzato da Marsh nel 1876 riferendosi all'iconico Pteranodon.

C'è solo un impedimento: la difficoltà di catturare mentre si è in volo molluschi, granchi e bivalvi (o qualsiasi altra preda che si nasconde nelle acque basse, nel fango e nella sabbia).

Questa "difficoltà" è solo apparente perché da sempre si è supposta una grande capacità terricola per i membri di Azhdarchidae. Inoltre la cresta sagittale, proprio l'elemento noto più enigmatico nell'anatomia di questo animale, avrebbe potuto avere una funzione fondamentale in una tale strategia di predazione.

Argentinadraco l'avrebbe infatti utilizzata come una sorta di aratro per scavare e sondare nelle acque basse, nel fango e nella sabbia alla ricerca di possibili prede, sfruttando il forte becco smussato per frantumarne i gusci una volta raggiunte. La nuova specie scoperta è quindi differente nei comportamenti di caccia e alimentazione rispetto a qualsiasi altro membro della propria famiglia e ricomprenderlo nella semplice ipotesi "planatore necrofago" non solo è riduttivo, ma probabilmente è anche errato.

Non solo: se la speculazione sul comportamento di caccia fosse accettata, si collocherebbe in una nicchia ecologica prima mai ipotizzata per uno Pterosauro.

Argentinadraco by Luca Milione

Ringrazio il professor Jorge Orlando Calvo per avermi reso parte della ricostruzione di questo straordinario rettile volante, aiutando a collocarlo nel suo "habitat naturale". Così come ci tengo a ringraziare il lettore Luca Milione che ha seguito l'articolo sin dalla sua prima bozza e mi ha aiutato a realizzarlo non solo con le immagini ma anche con i propri dubbi e curiosità.

 

Bibliografia

Alexander W.A. Kellner e Jorge O. Calvo, New azhdarchoid pterosaur (Pterosauria, Pterodactyloidea) with an unusual lower jaw from the Portezuelo Formation (Upper Cretaceous), Neuquén Group, Patagonia, Argentina, in Anais da Academia Brasileira de Ciências, 2017.

Sanchez y Calvo, Paleoambientes de sedimentación del tramo superior de la Formación Portezuelo, Grupo Neuquén (Cretácico Superior), Los Barreales, provincia de Neuquén. Rev Asoc Geol Argent 60: 142-158, 2005.


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