Come cacciavano i "Raptor"?
Raptor. Non importa se Veloci, Atroci, dallo Utah o dal Dakota. Questo nome più di ogni altra cosa evoca l'idea di un predatore formidabile, implacabile. Uno di quelli che, se fosse possibile trovarlo davanti, non ti lascerebbe scampo. Troppo veloce, troppo letale, troppo intelligente. In una parola sola: Raptor. Ma i Dromaeosauridae, i veri "raptor", erano davvero i cacciatori che i film e l'immaginario collettivo hanno dipinto?
Da Dromaeosaurus a "Raptor"
Ci sono tre passaggi fondamentali tra un nome scientifico, comunque evocativo di velocità e predatori scattanti (Dromaeosaurus e Velociraptor già nel nome sottintendono un concetto: "se scappi, ti prendo comunque!") e un nome "popolare", Raptor, così potente psicologicamente da essere immediatamente associato al concetto di "killer". Provate a chiederlo a un bambino.
Qual'è il dinosauro carnivoro più grande? "Il T-rex!" E il più cattivo/astuto/pericoloso? "Il Raptor!"
Non importa cosa intendono per "raptor", quale dromaeosauride in particolare, se quello piccolo e veloce dalla Mongolia o quello grosso dallo Stato pieno di mormoni (per chi era fiacco in geografia sto parlando dello Utah). Il "raptor" ha superato il limite mentale che c'è tra l'esaminare un animale, oltretutto decisamente morto, e lodare un mito. Solo a pochi animali viventi è concesso un tale privilegio: se il Tyrannosaurus è "Il re" come il leone nell'immaginario collettivo, i dromaeosauridi sono "Il lupo cattivo". Astuto, veloce, implacabile, uno di quelli che ti chiede dove abita tua nonna, poi se la mangia e si spaccia pure per lei (se fosse una favola moderna probabilmente Cappuccetto direbbe "che artiglio grande che hai!" e lui "Per squartarti meglio!"). Non sono più animali, fossili, sono miti dell'immaginario collettivo. Ma come è successo?
Il primo passaggio fondamentale è quello che ha dato più visibilità in assoluto, portando alla ribalta l'idea di un tale predatore: Jurassic Park. Il primo, quello bello, non quello in cui un tizio propone una parodia di Easy Rider facendo un giretto in moto con un branco di iguane che hanno esagerato con l'eyeliner blu. Avrò visto un centinaio di volte da piccolo (ma non la sto guardando anche adesso eh, proprio per niente) la spiegazione del professor Grant: "Voi lo fissate e lui vi fissa a sua volta... e allora scatta all'attacco! Ma non frontalmente, dai due fianchi: da parte di altri due "velociraptor", di cui non sospettavate l'esistenza." Il fatto che da bambino ritenessi un personaggio di finzione autorevole fa il resto, per molto tempo ho pensato, in modo dogmatico, che il "raptor" si servisse di tattiche da agguato di gruppo ben coordinate. "Il guaio è che siete ancora vivi quando iniziano a mangiarvi..."
Ma questo basterebbe, forse, per giustificare l'idea comune di un predatore gregario, con gerarchie sociali ben determinate. Ma da questo a Jack lo Squartatore ne passa...
Serve il secondo passaggio, quello davvero autorevole: John Ostrom. La sua scoperta del Deinonychus (il dromaeosauride che ha ispirato i "raptor" di Jurassic Park) è la rivoluzione copernicana nel mondo della paleontologia: il suo Deinonychus era un predatore veloce, agile, dal metabolismo elevato e dalla scatola cranica sufficiente per presupporre un'intelligenza elevata. Ostrom non ha dissotterrato un fossile dalla terra, ha tirato fuori dalla palude antidiluviana l'intero gruppo Dinosauria. Dopo Ostrom i dinosauri non erano più lente lucertole ottuse, bestie goffe che strusciavano la coda sul terreno (come un'inutile appendice) mosse dal loro cervelletto "più piccolo di una noce". Dopo Ostrom, dopo la sua descrizione di Deinonychus, i dinosauri sono diventati ciò che oggi tutti noi immaginiamo. E se qualcuno si ostina a vederli come lucertoloni grassi e goffi che strisciano sul ventre sbavando nella loro ottusità: beh, credo che sei tu ad esserti estinto. Solo che ancora non lo sai.
Penso non si sia capito affatto il mio rispetto smisurato nei confronti di questo grande Paleontologo, vero? (Se siete interessati a leggere il suo studio in PDF scrivetelo nei commenti o privatamente alla Pagina Facebook)
Il terzo passaggio è quello fondamentale dall'animale al mito. Abbiamo razionalizzato, attraverso un personaggio noto di cui ci fidiamo (dipende se siete amanti di Jurassic Park, della paleontologia o di tutte e due, in questo caso l'effetto è moltiplicato), l'idea di predatori veloci e intelligenti. Ora occorre scomporre questa razionalità, ricondurla a lati nascosti delle nostre emozioni. L'irrazionale deve prendere il sopravvento, devo passare dal dire "Wow!" al brivido freddo dietro al collo, di quelli che mi attraversa tutta la schiena e mi ricorda di quando ero solo un piccolo mammifero quadrupede e i teropodi mesozoici mi davano la caccia. Occorre il genio di Michael Crichton e di Steven Spielberg. Nel libro, che mi sento di definire un capolavoro assoluto del genere fantascienza, Crichton introduce gli antagonisti (il Tyrannosaurus adulto non mi sento di definirlo tale: distrugge qualche macchina, insegue un gommone e lecca Timmy attraverso una cascata, ma in effetti non ammazza nessuno) in modo narrativamente perfetto. Per chi non lo avesse letto (se esiste qualcuno che non lo ha letto, trovate il libro qui) posso provare a riassumerlo così:
Tempesta, un elicottero arriva in Costa Rica rischiando nonostante il mal tempo, trasporta il corpo esangue di un giovane ragazzo impegnato nella costruzione del parco. Grandi ferite ne percorrono il corpo, la gamba è lacerata fino all'osso. Sembra sbranato. Un addetto del parco si sbriga a chiarire che è rimasto schiacciato e trascinato da una scavatrice. C'è puzza di marcio, ma non è solo per queste dichiarazioni: la ferita è coperta da una schiuma vischiosa, saliva che odora di morte. "Raptor" sussurra delirando per il dolore. Un infermiere si scosta facendo il segno della croce, come avesse nominato un demone. Il ragazzo muore tra atroci sofferenze, scosso da convulsioni e vomitando sangue. Raptor. Nel medico che assiste inerme alla sua cruenta morte restano impresse le ultime parole della giovane vita che si è spenta: Raptor.
Non lo abbiamo visto, Crichton non ha provato neppure a descriverlo, ma siamo consapevoli del terrore che riesce a trasmettere. Spielberg lo supera: non fa vedere un "raptor" adulto finché la tensione non è al suo massimo, come è giusto per il vero "cattivo" che si rispetti (non importa se è un tizio con un gatto in braccio in un film di James Bond, un sociopatico da film del terrore o thriller di Hitchcock, un grosso squalo, un Imperatore galattico o il colonnello Kurtz di Marlon Brando). Spielberg descrive direttamente la scena dell'incidente, ma si vede solo l'occhio del "raptor", gli sbuffi di furore, si sentono le urla delle persone che assistono inermi alla scena. Anche in seguito, quando fa capire la ferocia inaudita contro una povera mucca, si sentono solo grida furenti mentre la telecamera passa sugli sguardi attoniti e inorriditi dei presenti. La gabbia divelta nell'inquadratura successiva è solo un ulteriore tocco di classe in una scena che non lascia presagire nulla di buono. Infine le tracce, prima dei cuccioli, nel nido scoperto da Grant e dai bambini, poi quelle degli adulti fuggiti: un modo per far capire allo spettatore che il pericolo è dietro l'angolo, è lì in agguato tra le fronde degli alberi. Il resto è storia:
Il più veloce dei dinosauri... o forse no?
Jurassic Park ha consegnato all'immaginario collettivo un'immagine imperitura di Velociraptor rapidi "come giaguari. Ottanta, cento chilometri l'ora, lanciati in spazio aperto..." per usare le parole del personaggio Robert Muldoon. Jurassic World ha rincarato la dose, facendoli correre fianco a fianco alla motocicletta di Chris Pratt (non mi ricordo il nome del personaggio, scusate), ma solo perché farli correre vicino a Valentino Rossi era troppo irrealistico. Dicono, ma forse sono solo voci, che nel prossimo film guideranno loro la moto... Sciogliamo gli indugi: i "raptor" non erano i più veloci dei dinosauri, neanche tra quelli carnivori. Manca infatti un metatarso allungato come per altri teropodi, nei quali la specializzazione del piede arctometatarsale configura un migliore adattamento alla corsa, sopratutto in rapporto alla lunghezza della tibia. Ostrom stesso ipotizzò nella sua descrizione originale che il Deinonychus poteva essere un animale molto rapido, basandosi, tuttavia, su di un olotipo che non aveva le zampe posteriori intatte.
Le stime della lunghezza del femore si dimostrarono essere delle sovrastime. In un successivo studio, Ostrom determinò che il rapporto del femore alla tibia non era rilevante nel determinare la velocità dell'animale quanto il rapporto tra la lunghezza della tibia e il piede. Deinonychus, il cui rapporto tra metatarsi e tibia è .48, non era quindi tanto più veloce rispetto alla media di altri dinosauri bipedi, oltre ad essere notevolmente più lento rispetto ai moderni uccelli corridori (ad esempio gli struzzi hanno un rapporto di .95). Un metatarso così corto e tozzo può essere funzionale al grande artiglio ricurvo posizionato sul secondo dito, rendendolo un arma micidiale grazie alla minore tensione esercitata sulla tibia.
L'artiglio era usato per squarciare?
La caratteristica più evidente di tutti i dromaeosauridi è l'artiglio ricurvo a forma di calce posto sul secondo dito delle zampe posteriori, non c'è nulla di più iconico quando si pensa ad un "raptor". Ostrom ipotizzò una funzione di lacerazione per tale arma, usata come un karambit (tipico coltello filippino), attraverso possenti calci sferrati dall'animale all'addome delle vittime. Dawn Adams nel 1987 arrivò a suggerire fosse funzionale a sventrare i dinosauri ceratopsidi.
Tale artiglio veniva tenuto sollevato dal terreno, come dimostrato anche da impronte rinvenute in Cina, mentre solo il terzo e il quarto dito erano funzionali alla locomozione. Questa posizione insolita può essere dovuta al tentativo di preservare "il filo" di un'arma così importante durante la caccia: la famosa scena dei "raptor" nella cucina, in Jurassic Park, avrebbe quindi poco senso visti gli artigli che ticchettano sul pavimento ad ogni passo (scelta ovviamente fatta per aumentare la drammaticità), di fatto compromettendo quella che era la funzione prima di un artiglio retrattile tenuto sollevato durante la caccia.
Ma so che non vi piacerà ciò che sto per dire: l'artiglio non era il terribile falcetto che siamo abituati a pensare. Personalmente lo immagino di più come una sorta di uncino usato negli esemplari più grandi per afferrare e contenere la preda, aggrappandosi saldamente ad essa, e negli esemplari più piccoli per arrampicarsi sugli alberi, puntellandosi. L'artiglio resta terribile, solo che non è funzionale a tagliare e lacerare, ma a penetrare di punta. La celebre coppia di fossili nota come "dinosauri combattenti" (quella usata come immagine di copertina nella Pagina Facebook per capirci) mostra proprio tale funzione: il Velociraptor con l'artiglio ricurvo sta perforando la trachea del Protoceratops a cui è avvinghiato mortalmente. In uno studio del 2005 Manning ed altri autori hanno realizzato una replica robotica della zampa posteriore con rostri idraulici capaci di sferrare colpi contro una carcassa di maiale. Questi test hanno dimostrato che gli artigli potevano soltanto forare la carne ma non erano adatti per tagliarla. La funzione dell'artiglio potrebbe essere, quindi, simile a quella degli artigli dei gufi utilizzati innanzi tutto per aggrapparsi agli alberi e per arrampicarsi. Tale straordinaria capacità di fare presa, poteva rivelarsi fondamentale anche per i generi di grossa taglia, inadatti alla vita arboricola per ovvie questioni di peso e stazza, come Utahraptor, Dakotaraptor e Achillobator, in quanto consentiva di balzare addosso alle prede aggrappandosi ad esse con gli artigli e contenendole con il peso, fino alla morte che giungeva per dissanguamento dovuto alle perforazioni o per asfissia se riuscivano a giungere al collo con l'artiglio.
Davvero i "raptor" cacciavano in gruppo? Questo è forse l'aspetto, nelle strategie di caccia dei dromaeosauridi, che divide di più. Probabilmente è dovuto al fatto che la socialità dei "raptor" viene associata automaticamente all'intelligenza degli stessi, cadendo l'una cadrebbe probabilmente anche l'altra. L'ipotesi della caccia sociale dei Deinonychus deriva dal ritrovamento, in due siti differenti, di diversi esemplari di tali predatori associati con fossili di Tenontosaurus. A lungo si è pensato che il rinvenimento di tali fossili associati comportasse la prova di una battuta di caccia coordinata. Ma probabilmente non è così.
Finalmente lo dico, togliendo un peso dal cuore che porto dall'inizio dell'articolo, consapevole che prima o poi sarebbe arrivato il momento: i "raptor", secondo gli studi più recenti, erano cacciatori solitari. Gli autori dello studio Roach e Brinkman, affermano che i rettili moderni non cacciano cooperativamente, ma sono invece cacciatori solitari o necrofagi: il rinvenimento di più esemplari di dromaeosauride attorno ad una, o più, carcasse di erbivoro sarebbe quindi la prova di un assembramento successivo alla morte dell'erbivoro, con più esemplari sopraggiunti per banchettare e finiti a combattere tra di loro (similmente a come fanno i moderni Draghi di Komodo).
Concordo sulla difficoltà, affermata nello studio, di un'analogia tra le tecniche di predazione di mammiferi come i lupi o i leoni: sarebbe immotivata oltre che tafonomicamente non provabile. Ma non concordo con l'idea di una caccia esclusivamente solitaria per i teropodi. Quantomeno in tutte le fasi della loro vita. Sostenere questo, in analogia con il fatto che i membri moderni di Reptilia sono tutti cacciatori solitari, comporta che anche altri dinosauri predatori fossero cacciatori solitari. Riflettendo esclusivamente in questo modo ci si dimentica che per comprendere pianamente i teropodi, facendo un paragone con gli animali moderni, bisogna piuttosto osservare gli uccelli. Molti uccelli moderni, siano questi onnivori, insettivori, piscivori o addirittura carnivori vivono in gruppo formando anche grandi colonie o stormi: ciò in linea teorica consente di affermare che alcuni dromaeosauridi (ad esempio i più piccoli per i quali è immaginata talvolta una dieta insettivora, o gli Unenlaginae per i quali si sospetta una dieta piscivora) potessero vivere in gruppo, non necessariamente per attuare strategie di caccia coordinata ma anche, semplicemente, per garantire maggiore protezione dai predatori più grandi o per nidificare (come i pinguini, anche essi teropodi quasi esclusivamente piscivori dell'emisfero Australe). Personalmente ritengo che i teropodi di grossa taglia potessero attuare strategie di caccia coordinata occasionalmente, come ipotizzato (da Coria e Currie) con il rinvenimento di impronte fossili di più Giganotosauri attorno ad un sauropode Titanosauride o per più scheletri in diverse fasi di sviluppo sia per Mapusaurus sia per il grande raggruppamento di fossili di Albertosaurus (un Tyrannosauride, quindi) nello stesso luogo lungo il fiume Red Deer in Canada. Non solo poteva trattarsi di un nucleo famigliare che abitava nello stesso areale, ma è supponibile anche che i giovani esemplari praticassero una caccia coordinata con gli adulti in modo tale da abbattere grosse prede, altrimenti inattaccabili. Fare un analogia nella strategia di caccia con i ghepardi, i quali praticano sia la caccia gregaria in gioventù sia quella solitaria da agguanto da adulti, non farebbe che ribadire la classica opposizione di chi sostiene superfluo un paragone con i mammiferi. Preferisco quindi paragonare questa ipotesi alla strategia di caccia di un Parabuteo unicinctus, noto come Falco di Harris, un membro della famiglia degli Accipitridi, quindi un teropode. Badate bene, si tratta di un Accipitride, un membro della stessa famiglia di uccelli sulla quale Denver Fowler ha basato la sua teoria di strategia di caccia dei dromaeosauridi e a questi strettamente correlato, non di un Drago di Komodo, imparentato maggiormente con i mosasauridi. Il Falco di Harris non solo vive in gruppi famigliari composti da numerosi esemplari, che normalmente praticano la caccia solitaria da agguanto in picchiata su piccole prede, ma occasionalmente sferrano anche attacchi coordinati per catturare animali altrimenti inaccessibili per il singolo: gli esemplari più giovani spaventano le prede inseguendole fino ad un punto stabilito per l'agguato, dove intervengono gli esemplari adulti o sub-adulti più grandi e pesanti. Tale forma di caccia ha anche un importante ruolo sociale abituando sin da subito la nidiata alla predazione. Mi piace pensare, ma forse sono troppo romantico, che i giovani esemplari fossili rinvenuti vicino al Tenontosaurus fossero membri di una strategia di caccia coordinata, probabilmente occasionale e praticata in fasi diverse dello stadio di crescita, ma comunque coordinata.
Ciò sarebbe coerente con il rinvenimento, di impronte fossili di dromaeosauri, probabilmente di Achillobator, parallele e con misure di distanza di passo identiche, che lascia supporre gli animali stessero procedendo insieme verso una stessa direzione.
Come cacciavano i Dromaeosauridi? Possiamo affermare che erano predatori da agguato e occupavano nel proprio ecosistema una nicchia simile a quella dei felini non-cursori, come le linci o i leopardi che preferiscono praticare appostamenti piuttosto che lunghi inseguimenti. Probabilmente catturavano le prede come gli accipitridi, come già affermato, seguendo l'impostazione data da Denver Fowler e dai suoi colleghi nel 2011. Lo studio introduce un modello, nominato il modello di "Contenimento della Preda da parte dei Rapaci" ("raptor prey restraint" o RPR), proponendo un metodo di uccisione delle prede in un modo simile agli uccelli rapaci accipitridi: il dromaeosauride sarebbe saltato sopra la preda, trattenendola col suo peso corporeo e aggrappandosi strettamente ad essa con gli artigli ricurvi. Come gli accipitridi, avrebbe cominciato a nutrirsi mentre la preda era ancora in vita (mi ricorda Alan Grant questa cosa...), fino a che non fosse arrivata la morte per dissanguamento. Poiché le zampe anteriori erano ricoperte da penne lunghe, queste probabilmente erano utilizzate, insieme alla coda rigida, per bilanciare il predatore mentre ristringeva la preda. Tale modello è basato principalmente sulla morfologia e le proporzioni dei piedi dei dromaeosauridi, che sono paragonabili a quelli dei rapaci, soprattutto tenendo in considerazione il secondo dito (quello con l'artiglio ricurvo) e la manovrabilità delle dita. Il metatarso corto e robusto, come già accennato, ricordano invece quello dei gufi.
Gli esemplari più piccoli e leggeri potevano balzare direttamente dagli alberi, arrampicandosi, oltre che con l'utilizzo dei possenti artigli, anche con un metodo noto come WAIR (Wing-Assisted Incline Running). Secondo questa teoria le braccia ricoperte di penne dei dromaeosauridi non sarebbero servite solo come strumento per planare dai rami degli alberi o per contenere la preda, ma anche come supporto durante le fasi di arrampicata. Come per molti uccelli moderni, soprattutto nelle prime settimane di vita quando la capacità di volo non si è ancora affinata, le ali avrebbero funzionato come ulteriore trazione da esercitare durante la risalita dei tronchi, anche con pendenze ad angolo retto. Tale capacità oggi si riscontra in molti uccelli volatori mediocri, come i Galliformi, soprattutto per sfuggire ad eventuali predatori e potrebbe essere uno dei fattori che hanno portato, grazie ai meccanismi della selezione naturale, allo sviluppo del piumaggio su molti dinosauri teropodi i quali, in seguito, avrebbero imparato a volare. I "raptor" con la loro capacità di attrarre l'interesse e la curiosità sia degli addetti ai lavori, sia dei semplici appassionati, da sempre hanno contribuito all'evoluzione dell'idea che abbiamo dei dinosauri. Lo studio delle loro capacità arboricole, dei comportamenti di caccia, delle ritualità sociali oltre, ovviamente, alla comparazione anatomica e lo studio del piumaggio, porteranno sempre a nuove domande e, quindi, a nuove risposte che ci avvicineranno indissolubilmente al legame con gli uccelli. Voglio concludere citando di nuovo un paleontologo di fantasia nominato ad inizio articolo:
"Non mi sorprende che abbiano imparato a volare"