Spinosaurus: un superpredatore acquatico
Lo Spinosaurus è uno dei dinosauri più noti, non solo perché è il teropode di maggiori dimensioni e il predatore "terrestre" più grande di sempre, ma sopratutto a causa della "trasformazione in mostro" che alcuni media e film hanno completato, rendendolo una sorta di Godzilla del Cretaceo inferiore. Il passo dall'essere un fantastico animale all'animale fantastico è stato breve, fin troppo.
L'aspetto da sempre enigmatico di questo strano dinosauro, che tuttora divide non solo i semplici appassionati ma anche i paleontologi, si può riassumere nel dubbio stesso che ha dato il nome allo Spinosaurus: ma a cosa serviva l'enorme vela?
Il decennale enigma sul reale aspetto è dovuto soprattutto al fatto che i primi fossili di questo dinosauro, raccolti dal paleontologo tedesco Ernst Stromer, sono andati perduti durante un bombardamento alleato sulla città di Monaco di Baviera nell'aprile del 1944. Le speculazioni sull'aspetto si sono, quindi, fondate per anni solo sui disegni e gli appunti di Stromer. Questo fino a quando nel 2008 in un villaggio nel nord del Marocco iniziarono ad apparire, nelle bancarelle dove gli abitanti locali vendono i fossili, delle vertebre straordinariamente simili a quelle dell'olotipo andato perduto. I reperti (tra cui due vertebre e due spine neurali praticamente complete) vennero acquistati anche da un geologo italiano che si trovava nella città di Erfound, i fossili in seguito vennero posti all'esame dei paleontologi italiani Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco. Il resto dello stesso scheletro venne acquistato dall'Università di Casablanca e studiato dal paleontologo tedesco-marocchino Nizar Ibrahim che inoltre rintracciò il sito fossilifero lungo un pendio roccioso. Lo "Spino Project" sì completò con Paul Sereno dell'Università di Chicago, dove sono ospitati resti più completi di un Suchomimus, usato come materiale di confronto essendo lo scheletro meglio conservato di un parente stretto dello Spinosaurus. Il team di paleontologi, osservando sulle ossa le linee di arresto della crescita (LAG "lines of arrested growth"), ha dedotto che al momento della morte l'esemplare rinvenuto era un sub-adulto di circa 11 metri e 17 anni di età, con un peso stimato di 3,5 tonnellate. Da adulto poteva raggiungere quasi 7 tonnellate di peso e una lunghezza ipotizzata di 15 metri. Ma l'aspetto più controverso dei reperti, soprannominati "Spinosaurus C" e comprendenti per la prima volta le "gambe" dell'animale, è la locomozione occasionalmente quadrupede che viene proposta considerando la (s)proporzione degli arti posteriori e del cinto pelvico, eccezionalmente brevi. Gli arti superiori lunghi e robusti, basandosi anche sull'imparentato Baryonyx, potevano inoltre supportare l'animale durante fasi di spostamento sulla terraferma.
Già, "fasi" in terraferma. Perché questo modello ha anche supposto uno stile di vita semiacquatico per l'animale, più anfibio che terricolo.
Questa intuizione è supportata da numerosi piccoli indizi:
Le ossa non sono cave come in tutti gli altri dinosauri teropodi (tra cui anche i moderni uccelli) ma presentano un tessuto osseo compatto funzionale ad appesantire l'animale, riducendo il galleggiamento e permettendo quindi una migliore fase di immersione. Questo adattamento in natura è riscontrabile in molti vertebrati acquatici che conservano però tratti anatomici terricoli: dai dugonghi, ai bradipi acquatici ai desmostili (mammiferi estinti simili agli ippopotami), fino ad arrivare ai pinguini, altri teropodi in cui si riscontrano ossa dense e pesanti, i quali appunto cacciano prevalentemente in acqua.
Le narici sono piccole e arretrate sul cranio, funzionali alla respirazione con il muso immerso.
Sono presenti più di 100 fori neurovascolari sulla punta del muso, dei meccanorecettori di pressione collegati tra loro, all’interno delle ossa premascellari, tramite complesse ramificazioni del nervo trigemino. Questi "sonar" presenti anche sul muso dei coccodrilli moderni permettono di percepire i movimenti delle prede anche senza utilizzare la vista, tenendo perciò gli occhi fuori dal pelo dell'acqua, o "pescando" di notte o in acque torbide e fangose (meccanismi simili sono stati scoperti anche sul muso dei pliosauri, grandi rettili marini predatori).
Il collo curvo "da pellicano", formato da vertebre corte, più larghe che alte, con articolazioni scavate, quasi schiacciate, era funzionale a piegarsi molto più in basso, data la marcata mobilità consentita dalla conformazione, mentre le prede cercano di immergersi in profondità (invece che un coccodrillo, bisognerebbe più guardare a un airone o ad un cigno mentre nuotano con il collo ripiegato per poi scattare con la testa in acqua).
I femori corti, collegati con muscoli flessori robusti, così come i piedi larghi (e palmati?) completano l'idea di nuoto simile a quella dei moderni uccelli acquatici, con movimenti alternati delle gambe.
Le fauci da coccodrillo meritano un discorso a parte. Le mascelle allungate e i denti conici spaziati e ben intersecati tra loro a bocca chiusa, suggeriscono un impressionante meccanismo d'incastro, funzionale alla cattura di prede scivolose come i pesci. Lo Spinosaurus, infatti, pur non disdegnando anche il consumo di carcasse o prede terrestri di taglia media e piccola, aveva un evidente ed elevata specializzazione piscivora che lascia supporre una dieta basata in larga misura sul pesce ed altri animali acquatici. Probabilmente l'aumento delle dimensioni di questi dinosauri è stato favorito proprio dall'abbondanza di pesci grandi e accessibili, come testimoniato dai numerosi reperti fossili nello stesso habitat dominato dallo Spinosaurus. Un buon esempio è il ritrovamento nel 1975 di una mascella fossile di Spinosaurus con incastrata all'interno una vertebra appartenente al pesce sega Onchopristis. Anche nell'ipotesi che la vertebra sia stata depositata in seguito, dopo la morte del dinosauro, il fossile indica comunque che lo Spinosaurus e il pesce vivevano nello stesso ambiente, lasciando aperta la possibilità che lo Spinosaurus predasse gli Onchopristis, così come altri grandi pesci del suo areale.
L'adattamento alla vita acquatica, così come la predazione, hanno fatto supporre delle ipotesi differenti per l'utilizzo della "vela" dorsale dello Spinosaurus. Gimsa ha infatti superato la tradizionale dicotomia che vedeva i processi spinosi neurali o come un display sessuale (utilizzato per attrarre il partner o intimorire i concorrenti) o come uno strumento di termoregolazione (vestigia dell'era in cui i dinosauri erano visti come rettili a sangue freddo, le scarse tracce di vasi sanguigni evidenziate dallo studio di Ibrahim chiudono ulteriormente questa ipotesi) tracciando una curiosa analogia con le pinne dorsali di molti animali acquatici (sia pesci come gli squali, sia mammiferi come le orche o anche rettili marini estinti come gli ittiosauri) evidenziando una particolare comparazione con quella del moderno pesce vela. Lo scopo della "vela" diverrebbe in questo modo il favorire l'idrodinamicità durante il nuoto dell'animale, coerentemente con tutte le altre evidenze fossili di adattamento alla vita semi-acquatica. La superficie liscia delle spine neurali non permetterebbe, inoltre, il sostegno di una massa consistente di tessuti molli, supportando l'ipotesi di un profilo "snello" adatto a fendere l'acqua.
Il paragone anatomico ha alimentato speculazioni comportamentali di caccia, purtroppo non provabili. Gimsa ha infatti ipotizzato addirittura uno stile di caccia cooperativo (similare a quello di alcuni predatori acquatici provvisti di "vela" come il pesce vela o gli squali volpe) in cui diversi esemplari di Spinosaurus avrebbero nuotato ravvicinati così da stordire con i movimenti circolari i banchi di pesce, contenuti all'interno della "rete" creata dal moto dei dinosauri. La vela avrebbe avuto durante questo aspetto di caccia, anche effettuata singolarmente, una funzione peculiare: la vela si contrapporrebbe infatti tra la preda e il predatore, non venendo riconosciuta direttamente nella sagoma, permettendo all'animale di avvicinarsi spesso non notato.
Questa ipotesi suggestiva e fortemente speculativa, ha il pregio di introdurre una nuova prova dell'adattamento semi-acquatico, senza richiamare le "vecchie" teorie basate su paragoni rettiliani a sangue freddo come quella della termoregolazione, o addirittura sui mammiferi bovini brucatori, come quella della supposta "gobba", non solo anatomicamente ma anche ecologicamente molto distanti da quello che era il ruolo ricoperto dallo Spinosaurus nel suo ambiente naturale. Verrebbe allontanato inoltre anche l'annoso paragone con le tecniche di caccia dei coccodrilli, il quale mi ha fatto suggerire una domanda, parlando con un bambino tempo fa.
"Ma se cacciava come i coccodrilli, si nutriva delle stesse prede dei coccodrilli, viveva nello stesso ambiente e nello stesso periodo dei coccodrilli... secondo te perché lui è estinto e i coccodrilli sono ancora lì?" Certo, chiudere così il discorso è semplicistico, ma anche i ragionamenti dei bambini lo sono e raggiungono spesso l'essenziale.
Mi ha guardato fisso negli occhi, soppesando bene la mia intelligenza. Non aveva risposte complicate o importanti nozioni di anatomia, sapeva solo il nome del dinosauro e che era un superpredatore acquatico. "Forse non cacciava come i coccodrilli..." scorreva il dito attento sopra il libro che gli avevo regalato, leggendo. "Perché?" dissi osservandolo mentre fermava il piccolo dito dalle unghie mangiate, sull'inizio stesso del nome "Spinosauro". "I coccodrilli non hanno la vela!"