Dinosauri alla deriva (dell'estinzione)
La Terra è vita, la terra talvolta può toglierla. Tra le teorie "alternative" più famose per spiegare l'estinzione dei dinosauri vi è quella della deriva dei continenti.
La teoria geologica della deriva dei continenti, generalmente ricompresa nella più ampia teoria della tettonica a placche, come formulata nel 1912 da Alfred Wegener, sostiene che nel Paleozoico, e buona parte del Triassico, le terre emerse erano riunite insieme in un unico supercontinente, la Pangea, contrapposto ad un unico superoceano, la Panthalassa.
Il progressivo spostamento verso nord delle masse continentali, secondo alcune teorie sull'estinzione di massa, avrebbe modificato le condizioni climatiche ed influenzato l'andamento e la temperatura delle correnti marine.
La frantumazione della Pangea quindi rientra tra le ipotesi per l'estinzione di massa del Cretaceo, così come la sua formazione era suggerita tra quelle per "La Grande Moria" di fine Permiano.
Il supercontinente già nel Giurassico vedeva il progressivo insinuarsi tra le terre emerse di quello che sarebbe diventato l'oceano Atlantico meridionale, cominciando a dividere le attuali Africa ed America meridionale. Solo a partire dal Cretacico l'oceano Atlantico settentrionale iniziò il suo processo di formazione, mentre l'Australia andava progressivamente ad occupare la latitudine attuale.
Questo fenomeno di "intrusione" e progressiva avanzata del mare nelle terre emerse viene definito in geologia "trasgressione".
Il cambiamento climatico, originato a partire dai mari, sarebbe stato causato proprio dalla trasgressione dell'oceano Atlantico attuale tra i due blocchi continentali che sarebbero passati da una condizione di estrema aridità come era l'ambiente interno del Triassico, ad un clima progressivamente più mite o addirittura freddo.
Contemporaneamente, in modo coerente con lo sprofondamento delle terre, il livello medio delle acque si sarebbe innalzato di circa 200 metri, restringendo le fasce effettivamente abitabili per gli animali di grandi dimensioni che necessitavano di vasti spazi per il proprio sostentamento.
Il cambiamento climatico imposto dalla nuova circolazione delle correnti oceaniche avrebbe portato numerose difficoltà per i dinosauri, adattati ad un clima più caldo. In particolare un'ipotesi pittoresca sostiene che l'estinzione potrebbe essere stata causata dalle basse temperature di incubazione delle uova che avrebbero, conseguentemente, portato ad un soprannumero di esemplari maschi sulle femmine. I dinosauri non avrebbero più avuto modo di riprodursi e si sarebbero perciò auto-condannati all'estinzione.
Lo stesso non sarebbe avvenuto per tartarughe e coccodrilli, i rettili sopravvissuti al Limite K-T, per la peculiarità di adattamento semi-acquatico durante la fasi riproduttive.
Solo alla fine del Cretaceo a questa fase di trasgressione sarebbe seguita una fase di regressione delle acque, finché il mare non si sarebbe ritirato ai livelli che conosciamo adesso, consentendo una maggiore superficie emersa a disposizione degli animali di grandi dimensioni.
Questa teoria, che ho riportato in modo acritico, oggi non gode di un buon seguito. Il principale argomento proposto per confutarla è proprio che un'estinzione causata dal mancato adattamento ad un nuovo clima, in un processo lungo milioni di anni come quello della deriva dei continenti, avrebbe dovuto causare un'estinzione graduale delle specie del pianeta a loro volta sostituite in modo non traumatico da animali più adatti ad occupare le nicchie ecologiche vacanti.
In queste variazioni causate dalla lenta trasgressione dei mari, gli animali avrebbero avuto il tempo per adattarsi anche alle nuove condizioni, senza estinguersi.
Ho voluto dedicarle comunque uno spazio per tre motivi diversi:
mi ha permesso di parlare, seppure in modo approssimativo, della deriva dei continenti e della separazione della Pangea, argomento spesso citato ma mai approfondito all'interno del blog;
questa teoria, che non ritengo valida per un'estinzione di massa (ci tengo a precisarlo), ha il grande pregio di non far finire l'esistenza delle creature Mesozoiche in una palla di fuoco, un'inferno di magma o con un modo catastrofico;
i cambiamenti climatici descritti, seppure non sono sufficienti a spiegare un'improvvisa scomparsa di un'enorme numero di specie in un tempo breve come quello che segna il limite del Cretaceo, possono essere una valida giustificazione per la scomparsa di specie estinte prima della fine del Mesozoico, in modo "naturale" e poco traumatico poiché dovuto a cambiamenti e (mancati) adattamenti a nuovi ambienti e climi.
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