L'estinzione è la regola
In natura l'estinzione è la regola.
Così come nuove specie si sono evolute e sviluppate, molte specie si sono estinte. Non dipende necessariamente da importanti cataclismi o da cause antropiche (come la caccia o la distruzione degli ambienti naturali causata dall'uomo), spesso avviene semplicemente a causa di mutamenti climatici o nell'ecosistema. Prima di ragionare sulle teorie più plausibili bisogna quindi ricordare che l'estinzione, come l'evoluzione, è un comune processo naturale: è stato stimato che la lunghezza "naturale" della vita di una specie vada dal milione ai 10 milioni di anni (ma ovviamente esistono delle eccezioni). Facendo un semplice esempio numerico, se ci sono sulla Terra 10 milioni di specie, mediamente dovrebbe estinguersi una specie all'anno per cause naturali.
Talvolta si crea una confusione, soprattutto cronologica, riflettendo sull'estinzione dei dinosauri non aviani. Si tende infatti ad immaginare un singolo evento, una causa onnicomprensiva per la dipartita di queste straordinarie creature dal nostro pianeta. Anche nelle rappresentazioni, magari, si vedono perire contestualmente Tyrannosauridi, Ceratopsidi ma anche grandi sauropodi e Stegosauridi. Quasi ci si dimentica che alcuni tra i dinosauri più noti, come il Diplodocus, lo Stegosaurus, l'Allosaurus e lo Spinosaurus erano già estinti ben prima del Limite K-T. Anzi, alcuni erano estinti ancor prima dell'inizio del processo evolutivo che avrebbe portato al Triceratops o allo stesso Tyrannosaurus.
Qualcuno starà pensando: Damiano, attento a quello che scrivi, stai suggerendo che i dinosauri si siano estinti non per una catastrofe ma per cause naturali?
No, sto suggerendo che tutti gli esseri viventi di questo pianeta si estinguono, prima o poi, per cause naturali. Eventi catastrofici, come quello che segna il limite del Cretaceo, possono solo aver accelerato un processo che inevitabilmente avrebbe condotto i dinosauri di quel periodo all'estinzione e avrebbe visto dominare quell'ambiente nuove specie (magari sempre di dinosauri) nel frattempo evolutesi.
Avete già trovato la risposta?
Cosa può aver portato ad un tale cambiamento della biosfera, sotto tutti gli aspetti etologici? Un cambiamento dell'ambiente.
Il discorso può ridursi ulteriormente ragionando su un concetto spesso sottovalutato, o frainteso: l'adattamento. Alcuni pensano che in natura vige la legge del più forte, quella che il pesce grande mangia il pesce piccolo. Ragionando in questo modo nessuno mangia il pesce grande e, potenzialmente, può espandersi a dismisura in un ambiente. Vi sembra un paradosso? Un po' lo è, infatti. La realtà è che non "vince" il più grande o il più forte, vince il più adattabile: quello che non mangia solo il pesce più piccolo, ma che all'occorrenza può mangiare anche molluschi. Passiamo al secondo paradosso: immaginate un animale adattatosi in modo straordinario al proprio ambiente, che è riuscito a conquistare una nicchia ecologica esclusiva, sulla quale domina a tal punto da essere riuscito ad espandersi (sia nelle dimensioni che nell'areale) praticamente indisturbato.
Alzi la mano chi ha pensato allo Spinosaurus.
Ora quell'animale è così adattato, così specializzato, così perfetto che se l'ambiente di riferimento cambia in modo repentino avrà nettamente meno possibilità di adattarsi nuovamente, rispetto ad un animale generalista che non aveva ancora occupato una nicchia esclusiva.
Se la zona dove vive passa da essere una lussureggiante distesa d'acqua, lungo il corso di delta fluviali, ricca di paludi e acque stagnanti ad una zona più arida, non dico desertica, badate bene, ma semplicemente meno ricca d'acqua: questo cosa comporta? Meno possibilità di spostarsi, forse. L'aumento di prede prettamente terrestri e quindi anche l'arrivo di nuovi predatori prettamente terrestri maggiormente adattati a cacciarle (il ruolo del "superpredatore" comincia già ad essere a rischio). O anche, semplicemente, la scomparsa dei pesci più grandi necessari al sostentamento di un animale semi-acquatico così grande.
Com'era? Il pesce grande mangia quello piccolo? E se la sua preda preferita non è più disponibile, come fa a sostentarsi il pesce grande? Magari era meglio essere un pesce "medio" capace di differenziare l'alimentazione. I coccodrilli mesozoici più grandi, ad esempio, si sono estinti mentre quelli di dimensioni inferiori, nonostante siano organismi antichissimi, hanno continuato a prosperare grazie alla maggiore adattabilità consentita dalla possibilità di nutrirsi in modo bivalente di prede terrestri e acquatiche, di grandi dimensioni ma anche molto piccole. Le differenze rispetto ai loro antenati, oltre ovviamente all'areale ristretto alle sole zone tropicali, sono solo nel fenotipo, mentre il genotipo è rimasto invariato.
Non sto dicendo che essere adattati o specializzati è un fattore negativo, anzi, consente di prosperare in uno specifico ambiente ed in determinate condizioni. Bisogna solo considerare che se le condizioni cambiano, si "faticherà" molto di più a cambiare "le abitudini". Probabilmente non si riuscirà a farlo abbastanza rapidamente o si verrà sostituiti nella catena alimentare da qualcun'altro. Immaginate il panda o il koala, che hanno un alimento in cui sono specializzati (rispettivamente il bambù e l'eucalipto): se il loro "cibo preferito" verrà a mancare probabilmente non saranno in grado di adattare la loro digestione all'alimento sostitutivo equivalente prima di essersi estinti. L'esempio non è neanche così provante, badate bene, ma è molto esplicito.
Se cambiano le piante in un ambiente, tutte, rapidamente, gli erbivori non sapranno di cosa nutrirsi. Adatteranno la dieta a qualcos'altro ma quelli di dimensioni maggiori non riusciranno a trovare sufficiente sostentamento da alimenti alternativi. Ne beneficeranno i predatori? Forse, in un primo momento, poi quelli di dimensioni maggiori si ritroveranno senza prede sufficientemente grandi per il loro sostentamento. Dovranno adattarsi anche loro a prede più piccole, magari più veloci e sfuggenti. Saranno premiati quei predatori che non si erano ancora specializzati o che sono più piccoli e veloci.
Alzi la mano chi sta pensando ai grandi Teropodi di fine Cretaceo e a quelli aviani sopravvissuti al Limite K-T.
Con il tempo nuove specie si saranno adattate, evolvendosi (o forse è più corretto dire "si saranno evolute, adattandosi") in base al nuovo ambiente: le nicchie ecologiche lasciate scoperte saranno occupate da quelli che erano gli animali generalisti di dimensioni minori, che si specializzeranno e magari aumenteranno anche di dimensioni.
In un circolo continuo. Finché non intervengono le cause naturali, cioè un nuovo cambiamento dell'ambiente (più o meno repentino) causato da una glaciazione, dall'apertura di un nuovo mare (e dal calore conseguente le correnti), dall'orogenesi di una catena montuosa, da una catastrofe imprevedibile come l'eruzione di un vulcano o l'impatto di un meteorite o di una cometa. Questa breve spiegazione, semplicistica, serve più che altro non per chiarire perché molti organismi sono scomparsi durante l'estinzione di massa di fine Cretaceo ma, piuttosto, suggerisce perché altri sono sopravvissuti.
L'essere i dominatori incontrastati del loro periodo, perfettamente adattati a quell'ambiente, specializzati in differenti nicchie ecologiche è stato il fattore che ha permesso ai dinosauri di prosperare sulla Terra per milioni di anni.
Paradossalmente, quando la Terra è cambiata, è stato anche il fattore che ha portato alla loro fine. Ne hanno beneficiato quegli organismi meno specializzati, che occupavano ruoli etologici di secondo piano, come gli antichi rettili, i nuovi uccelli, o i mammiferi.
Adesso resta da vedere cosa ha scatenato questi repentini cambiamenti nell'ambiente.