top of page

Estinzione: la risposta viene dalle stelle?

Tra le cause “spaziali” sull'estinzione, cioè tra quelle che ricercano le cause in fattori esterni al nostro pianeta, troviamo molte ipotesi diverse. Da quelle più plausibili e comunemente accettate, come l’estinzione causata da un impatto meteorico, a quelle più fantasiose, come l’enorme picnic fatto da alieni 65 milioni di anni fa. In questo articolo verranno esaminate tutte le altre teorie legate a cause astronomiche.

Le cause astronomiche restano da sempre, sia tra gli scienziati sia nel sentimento comune, un fattore affascinante per spiegare cambiamenti repentini avvenuti sulla Terra: ciò probabilmente è dovuto al fascino intrinseco di qualcosa di ignoto ma al contempo plausibile scientificamente. Poi quando si riescono a trovare delle prove a sostegno di un enigma, come avvenuto per l’ipotesi dell’impatto di un asteroide, la suggestione diventa teoria fondata. Le altre teorie invece riguardano soprattutto l’estinzione di massa come conseguenza di eventi accaduti fuori dal nostro pianeta, nello spazio, o che hanno modificato la posizione terrestre nelle sue fasi di movimento.

Alcuni geologi, basandosi sulla teoria che vede le calotte polari come ancora non formatesi durante il Mesozoico, hanno supposto che solo durante la fine del Cretaceo il clima terrestre abbia iniziato a differenziarsi in modo netto a diverse latitudini. Questa mancanza di differenziazione climatica è dovuta all'assenza delle stagioni, basata sulla posizione della Terra attorno al Sole: l’alternanza, come noto, è dovuta all'inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’eclittica. Le brusche mutazioni climatiche sarebbero state causate da un aumento di molti gradi dell’inclinazione, accentuando le differenze climatiche tra le latitudini: questa sarebbe una delle probabili cause degli sconvolgimenti biologici di fine Cretaceo, portando ad un mutamento degli habitat a cui i dinosauri non si sarebbero rapidamente adattati, estinguendosi. Il susseguirsi delle stagioni, secondo questa ipotesi, avrebbe comportato l’estinzione anche dei grandi rettili marini, delle ammoniti e di gran parte delle specie di foraminiferi planctonici della famiglia delle Globotruncanidae. Rettili meno evoluti rispetto ai dinosauri (ritenuti più specializzati e quindi anche meno adattabili) avrebbero approfittato di questo vuoto ecologico per differenziarsi in base alle variazioni climatiche, colonizzando alcune regioni geografiche prima inospitali per loro.

Il campo magnetico è, tra le caratteristiche della Terra, uno degli aspetti più interessanti e spettacolari (immaginate i magnifici effetti di luce delle aurore) solitamente rappresentato in analogia con una calamita, ponendo i poli magnetici in corrispondenza di quelli geografici. La teoria che basa l’estinzione di massa sul magnetismo, considera fondamentale la ciclica inversione della polarità del nostro pianeta, spiegata in geofisica con la presenza di correnti ferrose di materiali fusi all'interno del nucleo terrestre. I sostenitori di questa tesi rilevano delle prove geologiche nelle rocce contenenti alte percentuali di ferro e quindi più “sensibili al magnetismo”. Secondo questi geologi osservando le stratificazioni c’è stata un’inversione di polarità proprio negli strati risalenti all'ultimo periodo del Cretaceo: il magnetismo mutato non solo avrebbe causato cambiamenti nel clima, ma anche in aspetti fisiologici degli animali. Questa tesi, ad oggi ritenuta tra le meno attendibili, non ha mai dimostrato come un tale cambiamento possa avere un tale influenza sugli organismi viventi da causare l’estinzione di numerose specie.

Simile alla teoria dell’impatto meteorico è quella del giapponese Hsu, il quale però pensa che l’estinzione di massa possa essere stata causata da una cometa caduta in mare. Poiché le comete contengono acido cianidrico (HCN) che nel mare forma cianuri che, a loro volta, si mutano in nitrati i quali avrebbero finito per danneggiare il plancton rendendo molto difficile agli organismi la sintesi del carbonato di calcio (fondamentale per costituire i gusci). I fossili dei foraminiferi osservati poco dopo il Limite K-T hanno effettivamente il guscio più sottile rispetto ai microrganismi planctonici precedenti alla sedimentazione. L’idea di una cometa che impatta il nostro pianeta è meno remota di quel che può sembrare: nel 1908 a Tunguska, in Siberia, una foresta venne rasa al suolo proprio dall'impatto del nucleo di una piccola cometa. In questo evento vennero abbattuti 60 milioni di alberi su una superficie di 2150 chilometri quadrati, uccidendo tutta la fauna che si trovava nel raggio di 1000 chilometri dal punto dello schianto.

Una delle ipotesi maggiormente sostenute come causa per l’estinzione di massa, prima di quella dell’impatto meteorico, è stata quella dell’esplosione di una supernova. Una supernova, sostanzialmente, è una stella che “muore” esplodendo: una stella che, esaurito tutto il suo combustibile naturale di idrogeno ed elio, inizia a produrre elementi più pesanti, finché il nucleo stesso non inizia a contrarsi sotto il suo stesso peso. Quindi la parte esterna implode, rapida, verso il centro il quale può respingerla solo con una violenta esplosione di proporzioni enormi. Nonostante quanto si possa pensare, le esplosioni di supernovae sono un fenomeno relativamente facile da osservare, vista la luminosità, anche con una strumentazione non avanzata. Mediamente si scoprono ogni anno circa 50 supernovae. Un team di ricerca delle Università dell’Illinois e della Columbia ha ipotizzato che l’iridio, l’elemento “extraterrestre” trovato negli strati del Limite K-T (se non l'hai ancora fatto, leggi l’articolo introduttivo all'estinzione), possa essere stato prodotto proprio dall'esplosione di una supernova, in cui il ferro contenuto si è trasformato in iridio. L’energia e le radiazioni sprigionate dall'esplosione avrebbero anche causato grandi mutazioni e devastazioni sul nostro pianeta, portando all'estinzione numerose specie. Ma questa ipotesi trova il suo limite più grande proprio in questo: per produrre un’estinzione di massa di quella portata la supernova sarebbe dovuta esplodere a circa un mese-luce di distanza dal nostro pianeta. Praticamente più vicina di qualsiasi stella conosciuta, considerando che la più prossima al Sistema Solare è proprio Proxima Centauri, posizionata però a circa 4,2 anni luce dal Sole. Inoltre l’ipotesi della supernova, nonostante il pregio di avere trovato una giustificazione per l’iridio negli strati di fine Cretaceo, non spiega perché non vi sia presenza dell’isotopo Pu244, con un tempo di decadimento di 80 milioni di anni e prodotto dall'esplosione di questo tipo di stelle. La teoria della supernova, quindi, pur spiegando la presenza dell’iridio, appare ad oggi notevolmente più debole rispetto a quella dell’impatto con un meteorite. Se questo articolo ti ha interessato non dimenticare di iscriverti alla pagina Facebook del Café Paleontologico per non perdere i prossimi articoli sulle cause dell’estinzione!

Post correlati

Mostra tutti

Commentaires


In primo piano
Più recenti
Search By Tags
Non ci sono ancora tag.
Resta in contatto
  • YouTube Social  Icon
  • Facebook Classic
bottom of page