Dilophosaurus: il gigante del Giurassico inferiore
Sapete cosa rappresenta il personaggio di Dennis Nedry nel romanzo "Jurassic Park" di Crichton? Nedry è la personificazione dell'ignoranza verso i dinosauri, della noncuranza nei riguardi di ciò che si è contribuito a creare. Nel romanzo è con i protagonisti nell'elicottero che porta da San José ad Isla Nublar e dovrebbe far parte del "giro turistico" negli impianti, ma come già detto non si cura affatto dei dinosauri che ha contribuito a creare. Nel film vediamo meno questo aspetto, anzi c'è un paradosso: la scena che lo vede protagonista è condivisa con un dinosauro plasmato dalla completa noncuranza nei riguardi di ciò che si sta creando. Perciò questo articolo è dedicato al povero informatico morto a causa del fatto che non aveva la minima idea della pericolosità del dinosauro che aveva davanti: Nedry, ma quale "prendi il bastoncino", scappa! Quello è un Dilophosaurus!
Tra quelli presenti nel film, il Dilophosaurus wetherilli è probabilmente quello che deve di più la sua fama al tocco aureo di Spielberg. Chiunque, anche chi non è fan della saga, ha visto la scena che lo ha consacrato tra i predatori più amati e temuti, nonostante i pochi minuti effettivi sullo schermo. Ma il Dilophosauro, anche più dei "raptor", è quello che ha subito i maggiori stravolgimenti a livello di accuratezza scientifica, allo scopo di diventare un terrificante antagonista: se infatti per i "raptor" si possono giustificare alcuni errori parlando delle conoscenze dell'epoca, per il Dilophosaurus sono state prese delle licenze che non hanno nulla a cui aggrapparsi di scientifico. Nel film le dimensioni sono inferiori rispetto quelle ipotizzate dai fossili, è presente una clamide di cui non può essere trovata nessuna prova nei reperti, stesso discorso per le ghiandole velenifere. Anche la forma del cranio ricorda quella da "Deinonychus" utilizzata per i "raptor" a testimonianza, ancora, della noncuranza sul reale aspetto di questo dinosauro.
"È previsto che si vedano dei dinosauri, nel suo parco dei dinosauri?"
Nel libro il discorso è diverso. Probabilmente è uno dei dinosauri meglio caratterizzati come descrizione, dipinto nei minimi dettagli già durante il tour: il verso caratteristico ricorda quello di un gufo, aspetto interessante oltre che avveniristico considerando che si tratta di un teropode (e che probabilmente i richiami di questi animali erano più simili a quelli degli attuali uccelli, piuttosto che ai barriti elefanteschi che si sentono nel film), è provvisto di una grossa coda e collo lungo, il corpo è alto circa tre metri, maculato giallo e nero in una livrea adatta a mimetizzarsi. Due grosse creste ricurve scendono dalla sommità del cranio fino al naso, formando una V sulla testa del dinosauro: rosse con strisce nere, come quelle di un pappagallo o di un tucano (altro rimando esplicito agli uccelli). Tralasciando l'aspetto delle ghiandole velenifere, introdotto per giustificare un predatore attivo nonostante le "mascelle troppo deboli", il Dilophosaurus è presente con degli aspetti anche paleontologicamente interessanti: la prima volta che appare è accovacciato sugli arti posteriori lungo la riva di un fiume. Questo dettaglio curioso viene spesso trascurato (rispetto a nozioni come "dopo il film hanno scoperto Utahraptor! Coincidenza?") ma nel 1996 Gierlinski ha davvero trovato delle impronte fossili lasciate da un Dilophosaurus "seduto" nel fango, probabilmente in riva ad un acquitrino. Personalmente ritengo che questa coincidenza, oltre a dimostrare il genio di Crichton nel tratteggiare delle situazioni, poteva essere utilizzata di più nella divulgazione scientifica per mettere in risalto degli aspetti nuovi e poco noti di questo dinosauro teropode.
Infine Crichton nel romanzo fa apparire un'ultima volta i Dilophosauri, in una scena in cui Grant e i ragazzi risalgono con un gommone verso il Centro visitatori: è qui che l'autore prende la massima licenza nel paragonare il comportamento di questi teropodi a quello degli uccelli. Descrive due esemplari che, abbeverandosi con movimenti simili ad uccelli, compiono una sequenza ritualistica e speculare, simile a quelle attuate da molti uccelli moderni nelle fasi di accoppiamento. Nonostante il dogma "sono tutte femmine", descrive addirittura un accenno di dimorfismo sessuale evidenziato nella cresta degli animali. Se non si fosse capito prediligo nettamente la "versione" del romanzo, rispetto a quella del film, perché mette in evidenza non solo caratteristiche anatomiche più corrette, ma traccia un paragone con gli uccelli che non solo è corretto ma che, rappresentato sul grande schermo, avrebbe potuto anche contribuire a superare l'idea di "lucertoloni" fin troppo collegata con i dinosauri. Ma come Nedry, anche il film decide di ignorare la vera natura del Dilophosaurus, e per creare un "mostro" lo confonde con un altro animale. Non un uccello, proprio un "lucertolone".
"Che bel animaletto, credevo che fossi tuo fratello più grande!"
Il Clamidosauro (Chlamydosaurus kingii) è un sauro spettacolare di circa 70 cm che popola la parte Nord dell'Australia. Deriva il suo nome dalla grande piega dermica che ne circonda il collo, sostenuta da apofisi cartilaginee che consento di tenerla generalmente ripiegata lungo le spalle dell'animale.
Il clamidosauro è un eccellente arrampicatore e solitamente per sfuggire ai predatori si nasconde tra i rami più alti ma, se minacciato a terra, è capace di creare una magnifica esibizione difensiva: la clamide, solitamente vivacemente colorata in contrasto con il corpo grigio o marrone, viene spalancata ad ombrello con il sauro che dondola il corpo sibilando a bocca aperta. Normalmente questo bluff difensivo è sufficiente a dissuadere i predatori o i contendenti per il territorio.
Il clamidosauro è inoltre un eccellente scattista, capace di correre in posizione bipede per brevi tratti. Probabilmente questa capacità ha indotto al paragone con un dinosauro teropode, contribuendo a creare il falso mito del Dilophosauro con la clamide.
L'idea della clamide, così come quella del veleno, sono pensate per rendere il dinosauro più "pericoloso" o comunque più competitivo con le altre attrazioni del film/parco/libro. Questo perché si parte dall'assunto che avesse mascelle troppo deboli per essere un predatore attivo, o che fosse troppo piccolo nelle dimensioni (paragonato ad altri antagonisti come il Tyrannosaurus o lo Spinosaurus) per intimorire realmente il pubblico. Concettualmente questo crea un altro errore. Ho sentito spesso dire che il Dilophosauro era un predatore "piccolo" o, per i meglio informati, "di medie dimensioni", probabilmente uno "spazzino" che si nutriva delle carogne abbattute da altri predatori. Ci si dimentica che in Jurassic Park, essendo un universo di finzione, sono presenti nello stesso luogo dinosauri separati tra loro da milioni di anni. Effettivamente solo il Dilophosaurus può definirsi, tra i predatori che compaiono nel primo film, "giurassico". Gli altri sono tutti del Cretaceo.
E, rivelazione delle rivelazioni, nella sua era e nel suo areale: il Dilophosaurus era un superpredatore.
Altro che il veleno o bluff difensivi per sembrare più grande e minaccioso, questo è stato probabilmente il primo dinosauro durante il Giurassico inferiore a conquistare la nicchia apicale della catena alimentare. Il Giurassico infatti ha visto lo sviluppo dei primi dinosauri di grandi dimensioni, capaci di diversificarsi e diventare sempre più grandi, andando ad occupare le nicchie ecologiche lasciate vacanti dall'estinzione di fine Triassico di molti arcosauri. Le dimensione, infatti, comparate con quelle di un parente stretto come il Coelophysis, riflettono la tendenza al gigantismo, tratto osservabile in tutte le discendenze di dinosauri dell'epoca. Inoltre la Terra di 190 milioni di anni fa, nel periodo in cui si trovava a vivere il Dilophosaurus, vedeva la maggior parte dei continenti ancora uniti insieme, con il solo oceano Atlantico meridionale che iniziava ad espandersi contribuendo alla comparsa di nuovi tratti di mare e bacini all'interno della terraferma. Le arie distese del Triassico si stavano trasformando in foreste lussureggianti, adatte ad ospitare una grande varietà di forme di vita.
Il supercontinente noto come Pangea stava iniziando il processo che, circa 180 milioni di anni fa, avrebbe poi dato luogo alla divisione tra Laurasia e Gondwana, ma all'epoca della diffusione del Dilophosaurus le terre emerse erano ancora così ravvicinate tra loro da consentire una diffusione "globale" dei fossili di questo dinosauro. La famiglia di questo animale abitava sia il Nord America (famosi sono i fossili della Formazione Kayenta, in Arizona) sia altri continenti, anche remoti, come l'Africa del sud, l'Asia e addirittura l'Antartide. La scoperta in Cina di fossili simili a quelli della specie statunitense, nel 1987, suggerirono una seconda specie chiamata Dilophosaurus sinensis ("cinese"). Studi successivi hanno però attribuito i fossili al nuovo genere, affine, noto come Sinosaurus. Un altro teropode della famiglia molto noto è "il rettile dalla cresta fredda", il Cryolophosaurus, risalente allo stesso periodo ma proveniente dai più remoti territori dell'attuale Antartide. Questa differenziazione nelle dimensioni e la diffusione praticamente in tutto il mondo non possono che dimostrare quanto il Dilophosaurus fosse un predatore efficace capace di adattarsi anche a diverse condizioni di vita in regioni distanti tra loro.
Da cosa deriva allora questa concezione di predatore non attivo, che ha declassato il Dilophosaurus a predatore necrofago nella divulgazione scientifica di massa? Tale teoria è dovuta ad uno studio sulla mobilità della mascella e sulla struttura cranica ritenuta troppo leggera per abbattere prede di taglia equivalente. Ma osservando la finestra premascellare e il dentario ridotto si possono immaginare anche abitudini diverse rispetto alla necrofagia. Nei teropodi, infatti, una riduzione del numero dei denti sembra coincidere con la loro capacità di divenire predatori apicali: una riduzione nel numero dei denti comporta infatti un maggiore spazio per ogni singolo dente che in queste condizioni può crescere in larghezza, permettendo l'uccisione di prede più grandi. Un'altra caratteristica distintiva da tenere in considerazione è il diastema tra i denti anteriori e quelli posteriori, aspetto che aggiungeva al muso di questo predatore un aspetto "da coccodrillo". Ma perché limitarci all'aspetto esteriore? Tracce fossili di dilophosauridi che nuotavano (lasciando solo l'impronta degli artigli sul fondale) possono suggerire un adattamento alla predazione in acqua, simile a quello dei coccodrilli, favorito anche dalle condizioni climatiche del Giurassico inferiore. In questo modo la dieta sarebbe potuta essere non solo generalista opportunista, ma anche piscivora, o sopratutto piscivora, giustificando la diffusione di tali animali in così vari areali proprio grazie alla disponibilità di prede acquatiche.
L'aumento delle dimensioni, in considerazione di una dieta piscivora, non vi ricorda nessuno? (Chi ha alzato la mano dicendo "Spinosaurus" ha vinto una schiuma da barba senza embrioni dentro)
Welles ha invece ipotizzato fosse un predatore gregario molto rapido, capace di correre a grande velocità grazie alle lunghe leve posteriori di oltre un metro e mezzo di lunghezza, combinate con la lunga coda e la postura ad S del collo (che avrebbe contribuito a migliorare l'equilibrio dell'animale durante la corsa).
Addirittura, basandosi su delle tracce fossili, è stato possibile stimare un passo, in fase di normale camminata, di circa 2,5 metri ed ipotizzata una falcata il doppio più ampia nella fasi di corsa. Avrebbe poi catturato le prede afferrandole con le zampe anteriori dotate di artigli. I punti di collegamento con i muscoli, così come i resti dei legamenti, si conciliano con l'idea di arti lunghi e flessibili adatti ad afferrare le prede. Una zampa mostra inoltre che le tre dita erano armate di artigli funzionali, mentre un quarto dito era una vestigia evolutiva priva di artiglio ridotta praticamente ad un moncone. Le già ricordate impronte fossili rinvenute nello Utah, mostrano come i palmi, con molta probabilità, erano rivolti internamente poiché mostrano a contatto con il suolo dove l'animale era poggiato solo con la superficie esterna di un dito.
Non è un caso che tale conformazione degli arti si sia mantenuta anche nei moderni uccelli.
L'idea che fosse un dinosauro capace di cacciare in piccoli gruppi, è stata suggerita a Welles soprattutto dalle circostanze della scoperta degli scheletri di questi animali. Mentre si trovava, durante l'estate del '42, in una regione Navajo alla ricerca di formazioni rocciose del Permiano, ebbe la notizia di alcune ossa fossili non ancora identificate, scoperte nella Formazione Kayenta due anni prima. Sul luogo i paleontologi rinvennero ben tre scheletri quasi completi, aggregati insieme in un'area di pochi metri quadrati. Oltre a questa circostanza non vi sono però altre prove a sostegno di un comportamento di caccia, o di controllo del territorio, attuato in gruppo: l'aggregazione di più fossili ravvicinati tra loro, inoltre, può dipendere anche dalle inondazioni o dalle piene di un fiume che può "raccogliere" insieme più carcasse di animali morti anche in circostanze diverse, separati gli uni dagli altri lungo il corso del fiume, per poi depositarli tutti nello stesso luogo. Questa ipotesi si sposa bene con l'idea del Dilophosaurus come un predatore piscivoro attivo nelle vicinanze dei corsi d'acqua.
Quando i tre scheletri vennero portati a Berkeley per essere ricomposti e studiati, fu fraintesa la loro vera appartenenza, venendo attribuiti nel 1954 al genere Megalosaurus. Dieci anni dopo, effettuando dei rilevamenti per comprendere meglio la datazione dei fossili, venne rinvenuto un quarto scheletro che risolse definitivamente il problema relativo all'identificazione. Il nuovo dinosauro non poteva di certo essere ascritto a Megalosaurus, né ad altri generi conosciuti, a causa della caratteristica che da quel momento gli avrebbe dato il nome: il Dilophosaurus era ornato da una "doppia cresta". A lungo si è dibattuto sulla funzione di detta cresta, formata da sottili sfoglie ossee sostenute da "pilastri" verticali. Queste sottili e corte strutture partivano dai bordi superiori delle ossa nasali e lacrimali, protraendosi all'indietro parallele alla parte superiore del cranio. Data la fragilità intrinseca della cresta è stata esclusa una funzione di ausilio per la caccia o in scontri intraspecifici, ma per anni si è piuttosto pensato si trattasse di un dimorfismo sessuale, ritenendone alcuni esemplari privi. Questo avrebbe consentito di distinguere i maschi dalle femmine ed avrebbe funzionato come un display sessuale per attrarre il partner durante il corteggiamento, come fanno i moderni casuari. Robert Gay ha però confutato questa teoria, non rilevando tracce di dimorfismo sui reperti noti, ponendo maggiore attenzione su quelli che sono gli aspetti sociali e di riconoscimento individuale all'interno della stessa specie. Questo sarebbe un possibile sostegno anche alla teoria che vedeva il Dilophosaurus come un animale gregario, poiché la cresta avrebbe funzionato come un segnale sociale utile per stabilire le gerarchie all'interno del branco.
Quindi, indipendentemente dal fatto che fosse un dinosauro piscivoro o un gregario che cacciava in branchi, il Dilophosaurus era un eccezionale predatore capace di conquistare una nicchia ecologica esclusiva, espandendosi nelle dimensioni e in tutti i continenti del suo periodo. Non avrebbe avuto bisogno né di sputare veleno, né di intimorire le prede con una clamide, la sua doppia cresta funzionava già efficacemente.
Nedry, guardalo bene, quello è un Dilophosaurus: è lui il "fratello più grande" di cui aver paura.
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...ah, giusto... ho dimenticato la parola magica: grazie!