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Cos'è il Café Paleontologico?

Questi giorni sono stati dominati da una riflessione personale: di cosa parla il Café Paleontologico?

Le riflessioni saranno pure state personali, ma indotte da fattori esterni: finalmente, dopo tre mesi dalla nascita, sono arrivate le prime critiche.

Alcune riguardavano la scelta degli argomenti da cui partire (da Jurassic Park al Trono di Spade), altre suggerivano di adattare lo stile a quello di Theropoda un blog molto famoso (supposto rivale), infine alcune criticavano la scelta delle immagini pubblicate ritenute "poco accurate" (anche quando era stato precedentemente affermato che la creazione era di una lettrice, non di un professionista, e che veniva pubblicata proprio come esempio della passione e dell'impegno di questa persona). La sintesi può essere la semplice affermazione: "Ora, ognuno è libero di fare le proprie scelte: chi vuole che il proprio blog abbia un taglio rigorosamente scientifico, e chi no, e posta anche fumetti, Godzilla e cartoons. Non prenderlo per una critica! Ma visto il nome che hai dato al tuo blog..."

Bene, visto il nome che ho dato al mio blog: di cosa parla il Café Paleontologico?

By James Flames

Fino ad oggi ho "giocato" con la pagina, lasciando correre la fantasia e l'ispirazione, ho osato divertirmi con qualcosa di scientifico come facevo quando da bambino mi sdraiavo sul tappeto e provavo ad immaginare il ruggito del dinosauro che reggevo tra le mani.

Fino a ieri ero spensierato, poi mi sono reso conto che mentre giocavo la pagina è diventata "grande".

Devo ammetterlo, alcune di queste critiche mi hanno colpito, per non dire ferito, mi hanno anche indotto a pensare di cambiare veramente il taglio del blog, eliminando la galleria, dando meno spazio all'aspetto "comico", togliendo i fumetti, magari scrivendo anche in inglese come suggeritomi per attirare un utenza maggiore.

Un'utenza.

"Utenza"?

Questi giorni ho deciso di staccare un po' la spina, farmi sentire poco con i commenti, interagire di meno, ho creato una pagina Instagram per ospitare lì alcune creazioni evitando di pubblicare sulla pagina. Però una parola continuava a ronzarmi nella testa: utenza. Io sono suscettibile alle parole, ai loro sinonimi e al significato intrinseco. C'era qualcosa che non mi andava giù, ma ho impiegato del tempo per capirlo.

La risposta a "di cosa parla il Café Paleontologico" è difficile da trovare, ed ha ragione chi mi accusa di parlare di tutto con tanti toni diversi, dal comico allo scientifico.

Nel mare di dubbi che quelle parole hanno scatenato c'era però una certezza: voi non siete un'utenza.

Semplicemente non siete dei numeri, dei "mi piace" o degli iscritti.

Voi siete Davide, Sirio, Edoardo, Andrea, Silvia, Elis (o Elia?), Barbara, Eleonora, Claudio, Vincenzo, Francesco, Pietro, Mauro, Leandro, Pedro, "Guerra", Yannic, Ga bry, "Pesce", Domiziana, Giuseppe, Marco, Lara, Divya, Simone, Michael, Chiara, Federico, Luca... per dire solo quelli che mi sono venuti per primi in mente (non si offendano tutti gli altri). Voi siete la domanda difficile o un semplice saluto, siete un complimento o la critica costruttiva, qualche volta siete un semplice "grazie" scritto alla pagina.

Voi siete la risposta e la differenza con qualsiasi pagina a cui le critiche hanno paragonato: i vostri messaggi, quelli privati, mi ricordano che non c'è niente di simile in Italia, non solo perché provo a rispondere a tutti ma perché le altre pagine a cui dovrei "ispirarmi" neanche permettono di mandargli messaggi.

Ho creato il Café Paleontologico per avere qualcuno con cui parlare liberamente della mia passione, ho creato un "bar", un luogo di ritrovo dove nessuno si sente giudicato e il contributo di tutti può venire apprezzato. Mi sono reso conto che non devo "monetizzare" niente, che non c'è nessun'utenza da aumentare perché dopotutto non vi sto vendendo nulla. Non sto vendendo neanche il mio nome, non cerco "like": oggi su Facebook come nel marketing tutto si riduce nel "mostrarsi" agli altri per prendere da loro qualcosa, io semplicemente comunico con gli altri, "mostro loro" qualcosa. Ciò che pubblico è anonimo e senza pubblicità, non da nessuna visibilità o valore economico a me: spero solo dia qualcosa agli altri. Poi: "dovrei" scrivere in inglese? Ho creato la pagina perché non c'era nulla di simile in Italia e finisco per parlare agli italiani in un'altra lingua? No, grazie.

Non so ancora bene di cosa parla il Café Paleontologico, ma so a CHI parla. Ho sempre considerato importante cosa si è e non cosa si fa (o si vuole

apparire): è il teorema del "Agente immobiliare ad agosto".

Se non lo avete mai sentito nominare è perché l'ho appena inventato.

C'è una linea di pensiero, credo, che impone ad un agente immobiliare di un grosso Franchising di andare in giro sempre in giacca e cravatta. Per essere riconoscibile e per essere distinto. Già mi immagino il povero vecchietto che pensa di vendere la casa divenuta troppo grande ora che la moglie è morta e i figli stanno al mare: riceve una telefonata di tele-marketing, poi si trova davanti questo distinto signore in cravatta. Lui gli apre la porta in ciabatte, canottiera e ventilatore rotto. Abbassa il volume de "La vita in diretta" perché l'udito non è più quello di una volta. Sì becca tutto il sermone sull'esclusiva, il contratto, la provvigione, la crisi economica e i prezzi che sono calati del 30% (se avete mai avuto a che fare con un agente immobiliare sapete di cosa sto parlando). L'altro sta lì, con la sua bella cravatta, la camicia con le iniziali, la spilletta dell'agenzia e il sorriso più falso che gli viene in mente. Il vecchio, chiaramente influenzato da quella dimostrazione di professionalità ed eleganza non può che rispondere: "No!". Come no?

Sì chiama empatia. Se vuoi dare un'impressione di te selezionando bene un'utenza (quelli coi soldi che cercano un professionista in giacca e cravatta) non puoi lamentarti che poi il resto del mondo ti vede come un pinguino all'equatore quando vai suonando i campanelli di Frattocchie (tratto da una storia vera) vestito in giacca e cravatta ad agosto. Una persona fuori contesto difficilmente genera fiducia, ancor meno simpatia. Il primo pensiero è: ma chi si crede di essere? Io sudo in canottiera e lui sta in cravatta?

Quindi no, non parlerò in inglese, non escluderò le creazioni di nessuno perché ritenute "inaccurate", non me la tirerò e nei limiti del possibile risponderò a tutti, non smetterò di fare battute, usare i cartoni o i fumetti per spiegare qualcosa o porre l'attenzione su qualcos'altro.

Perché? Perché la pagina non sono io, non è neanche più mia. La pagina, il blog, ormai sono dei miei lettori: è vostra. E voi siete multiformi, se indossassi solo la veste scientifica parlerei solo a chi indossa il mio stesso completo, per gli altri sarei un pinguino all'equatore. Questa settimana ho dovuto convivere per la prima volta con l'idea che ciò che scrivo o creo non può piacere a tutti e che, probabilmente, ci sarà qualcuno che deciderà di lasciare la pagina e non seguire più il blog. Questa settimana ho scoperto anche che ci sono amicizie e collaborazioni nate sulla pagina, con dei lettori che hanno unito le loro competenze e la loro passione per realizzare un qualcosa insieme, come questa creazione di Davide e Marco. Per qualcuno non sarà bella, per altri non sarà accurata, per me è un perfetto esempio del motivo per cui ho creato il Café Paleontologico.

"Lipped Sabertooth" by Davide Gioia

Grazie a tutti voi per l'interesse che mostrate ogni giorno, per aspettarmi quando non ho voglia o sono demoralizzato o quando penso che non valga la pena impiegare il mio tempo così, come successo dopo qualche critica personale di troppo.

Grazie per aver insegnato qualcosa voi a me: talvolta siamo così preoccupati di piacere a tutti che ci dimentichiamo che siamo fortunati se quello che facciamo basta per fa sentire qualcuno, chiunque, un po' meglio.

Un lettore con cui facevo questo sfogo qualche giorno fa mi ha scritto "non puoi chiudere la pagina, ormai mi ci sento come a casa mia", questo è bastato come risposta per farmi dire cosa è il Café Paleontologico.

Grazie per ciò che mi insegnate ogni giorno.

Grazie per essere diventati la mia casa anche quando sono lontano.


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