La vera storia dei metalupi
Bran urlò precipitando nell'aria gelida. Non aveva nulla a cui aggrapparsi, veloce il cortile saliva verso di lui. Il lupo a cui ancora non aveva dato un nome lo fissava inerme dal basso. Lontano, in qualche punto remoto, un lupo ululava, mentre i corvi volavano in cerchio sopra la torre spezzata di Grande Inverno.
(Questo articolo dedicato al Canis dirus, il vero "metalupo" del Pleistocene, è pensato come omaggio all'universo letterario delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Tra parentesi troverete le informazioni più strettamente scientifiche, così da non interrompere direttamente la narrazione)
"Vola."
Ma la caduta sembrava interminabile. "Vola!"
Ma Bran sapeva solo continuare a cadere. Maestro Luwin per scoraggiarlo aveva fatto un bambino di creta, gli aveva messo addosso gli abiti di Bran, poi lo aveva gettato dalle alte mura di Grande Inverno. "Io non cado" aveva detto Bran, fissando i mille pezzi sparsi sul terreno.
Ma invece continuava a cadere.
"Aiuto." sussurrò tra le lacrime. Un corvo scendeva a spirare volteggiando attorno a lui, seguendo la caduta.
"Vola" gracchiava ancora. "Non posso volare!" "Vola." "Sto cadendo!"
"Ogni volo ha inizio con una caduta..." parlò il corvo "Guarda giù."
Vide il mondo da dove solo le aquile osavano guardare.
Le torri alte dove non avrebbe più giocato ad arrampicarsi, da quell'altezza non erano che moncherini spezzati. Come lui.
La terra correva veloce sotto il suo sguardo, dilatandosi in una scacchiera di bianco, marrone e verde.
Seguì quell'immenso gioco, tutte le pedine ignare sulle mosse dell'altro: vide suo fratello Robb, più vecchio e scuro in volto, correre nel cortile verso la grande sala da pranzo. Una spada d'acciaio in mano. Vide suo padre inginocchiarsi davanti al re, implorando clemenza. Vide sua sorella Sansa nelle notti insonni fatte di lacrime. Vide Arya in quelle passate a sussurrare nomi, con vicino il muso di un mastino ringhiante. Vide la risata dorata di un nuovo re folle. Guardò a nord e vide il suo fratello bastardo camminare solo con Spettro oltre la barriera, oltre le foreste senza fine ammantate dalla neve e i fiumi di ghiaccio azzurro, oltre le desolazioni senza nome in cui nulla più cresceva. Seguì Spettro fin dove la sua razza era nata, oltre i confini di quel mondo. Guardò fin dentro al cuore dell'inverno e ciò che vide solcò sentieri di terrore sul suo volto.
Vide correre i metalupi (il Canis dirus "cane terrificante") nelle foreste ghiacciate quando i primi uomini ancora temevano il fuoco e combattevano gli orrori della lunga notte con lance e punte di vetro di drago (l'equivalente della nostra ossidiana, il Canis dirus, nell'originale "direwolf" si nota di più l'assonanza con il nome scientifico, fece la sua comparsa nelle Americhe circa 300.000 anni fa, durante le grandi glaciazioni del Pleistocene). Più grandi dei lupi comuni, la loro razza era già vecchia quando il cane era ancora giovane. Maestro Luwin gli aveva mostrato un grande teschio una volta, conservato in uno strano liquido denso e nero: mentre sua sorella Arya fissava incantata il reperto e il piccolo Rickon piangeva, Bran aveva sbadigliato guardando dal basso la mascella superiore, mentre il maestro spiegava che era provvista su ogni lato di tre incisivi, di grandi canini appuntiti, quattro premolari e due molari (Il quarto premolare è il carnassiale superiore, il dente "ferino" adibito a strappare la carne cruda. Negli Stati Uniti sono conservati molti fossili di questo straordinario animale: a Los Angeles, nel museo La Brea Tar Pits ve ne sono alcuni eccezionalmente rinvenuti all'interno di un giacimento di bitume. L'olotipo, il primo esemplare, è stato scoperto sulle sponde del fiume Ohio, nell'Indiana, dal grande geologo Joseph Norwood, il quale mandò il reperto all'Accademia delle Scienze Naturali di Philadelphia, dove poteva essere studiato dal paleontologo Joseph Leidy. Nominò la specie, nel 1855, Canis primaevus, ma poiché era già stata fatta domanda per l'utilizzo di tale nomenclatura optò per quella attuale nel 1858). Vide branchi di metalupi cacciare in gruppo e da soli, in modo diverso da quello dei comuni lupi dal manto grigio. Li vide abbattere con le grandi zanne prede enormi, mostri dal nome dimenticato scomparsi ormai nei Sette Regni. Li vide anche avvicinarsi ringhiando, il corpo massiccio scosso da violenti tremori, mentre le pantere ombra lasciavano intimorite le prede appena abbattute (Il Canis dirus, fisicamente paragonato sempre al lupo grigio, discende probabilmente dal Canis armbrusteri ed ha probabilmente sviluppato la sua evoluzione altrove, arrivando già completamente evoluto in Nord America e da qui è disceso fino alle coste occidentali del Sud America. Gli arti, ad esempio, mostrano le maggiori differenze con il lupo grigio: sono più robusti con artigli adattati per raspare nel terreno, piuttosto che a graffiare. Lo "sperone", il quinto dito rudimentale, era presente leggermente mobile e sollevato dal suolo: tale caratteristica, nella linea evolutiva del lupo, si è sviluppata solo a partire dal Miocene. Nonostante il paragone anatomico comunemente descritto con il moderno lupo grigio, questi lupi differivano tra loro non solo per la massa e la struttura delle zampe e degli artigli, ma anche per le abitudini predatorie. In natura, infatti, due animali con caratteristiche similari che si trovano a competere per le stesse risorse, finiscono inevitabilmente per scontrarsi. Invece sembra che questi due affini si siano differenziati andando ad occupare differenti nicchie ecologiche: gli arti e la robusta costituzione lasciano supporre fosse un animale dotato di grande resistenza, capace di inseguire la preda per lunghe distanze, sfinendola; i canini del dirus erano inoltre più resistenti rispetto a quelli dei lupi moderni, con i quarti premolari della mascella superiore, funzionali a lacerare la carne, più grandi. Questo suggerisce la capacità di abbattere gli erbivori enormi del Pleistocene inferiore, come i cavalli, i bradipi terrestri, i mastodonti, i bisonti e i cammelli. Gli schemi di usura dei denti mostrano anche delle parti consumate dovute evidentemente al rosicchiamento di ossa, questo, unito con le potenti mascelle, pone le basi per una dieta opportunista composta talvolta anche da carogne: potevano approfittare dei resti lasciati da altri predatori del tempo, come le tigri dai denti a sciabola, o indurre questi animali alla fuga circondandoli durante il pasto, come fanno le moderne iene con i grandi felini solitari). Bran vide arrivare l'Estate e i metalupi morire, lasciare le proprie terre a sud spostandosi sempre più a nord, verso l'inverno dove la leggenda si confonde con la storia e un animale può anche diventare un mostro. (Il Canis dirus si estinse circa 10000 anni fa con la fine dell'ultima era glaciale, a causa della scomparsa dei mammiferi di grossa taglia di cui si nutriva e della concorrenza dell'uomo nei territori di caccia. In effetti "l'estate", gli fu fatale.) Ne vide solo pochi sopravvivere all'estate, nascondendosi dall'uomo nei luoghi più impervi, scendendo dal estremo nord solo per paura di un terrore ancor più grande. Forse anche la madre del suo metalupo, prima di morire, aveva paura e stava fuggendo da qualcosa, cercando disperatamente di mettere in salvo i propri figli. Ora dispersi e orfani in tutti e Sette i Regni. Pensò a suo padre e a quella volta in cui gli aveva chiesto se un uomo che ha paura poteva essere al contempo un uomo coraggioso. "Quello è il solo momento che ha un uomo per essere coraggioso" la voce di Eddard era lontana e flebile. "Adesso, Bran." lo chiamò il corvo "Decidi: o voli o muori."
Si svegliò di colpo. Accanto a lui non c'era un corvo ma una donna dai lunghi capelli neri, una domestica di Grande Inverno. Lo vide, sveglio, gli occhi spalancati nel suo letto alto e lasciò cadere la bacinella piena d'acqua che reggeva tra le mani. Corse fuori, urlando tra i cortili della prima fortezza: "Si è svegliato! Si è svegliato!" Bran provò a scendere dal letto, era stato solo un brutto sogno? Non ci riuscì, sentiva il corpo debole, intorpidito.
In alcuni punti non sentiva nulla. Accanto a lui qualcosa si mosse veloce atterrando sulle sue gambe. Non sentiva nulla. Due occhi grandi e gialli lo fissavano direttamente nei suoi. Il suo cucciolo a cui non era neanche riuscito a dare un nome era diventato già più grande di lui. Provò ad accarezzarlo, la mano scivolava tremante sul pelo morbido. Lui iniziò a leccargli il volto nel momento in cui suo fratello Robb entrava correndo nella stanza, senza fiato. "Estate." Bran lo guardò serio "Il suo nome è Estate."
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