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La caldera dei Campi Flegrei è a rischio eruzione?

Le simulazioni effettuate da un gruppo di ricerca del University College London e dall'Osservatorio Vesuviano di Napoli, pubblicate ieri su Nature hanno dimostrato come il periodico fenomeno di bradisismo tipico dell'area dei Campi Flegrei porta ad un progressivo accumulo di stress nelle rocce sovrastanti la camera magmatica.

Ciò rende più probabile uno sfogo del magma verso la superficie, rendendo il vulcano più suscettibile di eruzione.

Solfatara di Pozzuoli

La natura vulcanica dei Campi Flegrei era già nota nei tempi antichi, tanto che il nome deriva dal greco flègo, che significa "io brucio". Le varie sorgenti termali e fumarole erano una meta popolare per i ricchi romani quando nel 79 dC il vicino Vesuvio scoppiò, distruggendo la famosa città di Pompei.

Nel 1538 una piccola eruzione vulcanica invece formò il cono del Monte Nuovo.

Il geologo vittoriano Charles Lyell ha sostenuto nel 1830 che una profonda camera magmatica sotterranea non solo potesse spiegasse i vulcani attivi, ma anche un fenomeno strano che è possibile osservare solo nella zona: il bradisismo flegreo.

Sulle colonne del Tempio di Serapide (in realtà l'antico Macellum) a Pozzuoli è possibile notare dei fori fatti da molluschi marini, i litodomi o "datteri di mare", a dimostrazione della sommersione bradisismica subita dai Campi Flegrei in epoca medievale. La spiegazione per tale fenomeno è una grande camera magmatica, che si riempe periodicamente con roccia fusa, che avrebbe prima trasportato le colonne più di 6 metri sotto il livello del mare, poi dopo qualche secolo, spingendo il suolo avrebbe sollevato le colonne di nuovo al di sopra del mare.

Charles Lyell rimase talmente colpito dal fenomeno da utilizzare colonne del tempio come figura del frontespizio del suo libro Principi di geologia (Principles of Geology) pubblicato nel 1832 e considerato il primo libro moderno di geologia.

Il modello classico di spiegazione del fenomeno sostiene che, quando la camera magmatica si riempie, il volume più grande spinge semplicemente la base sovrastante. Un modello alternativo suggerisce che i liquidi caldi del magma riscaldano la roccia e un grande massa di acque sotterranee, che si trovano nel sottosuolo dei Campi Flegrei. Poiché l'acqua calda possiede un volume più grande, si espande e il suolo viene spinto verso l'alto.

Caldera vulcanica dei Campi Flegrei, SUESS, E. "Das Antlitz der Erde" (1892)

Il modello elaborato da ricercatori dell'Osservatorio Vesuviano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Napoli e dell'University College di Londra suggerisce inoltre che ad oggi un’eruzione della caldera potrebbe essere più vicina dimostrando che questo aumento periodico provoca un accumulo di stress nelle rocce sopra la camera magmatica, rendendo più probabile che il magma trovi un modo per sfogare verso la superficie, aumentando la possibilità di un'eruzione.

L'attuale fase di bradisismo ascendente è accompagnata da una serie di terremoti di bassa e media energia con epicentri concentrati principalmente nella zona della Solfatara. Tali terremoti sono causati da microfratture che si generano in una roccia già fratturata ed alterata dai gas acidi e caldi presenti nel sottosuolo.

Lo schema mostra le fasi del fenomeno: i cerchi blu numerati identificano le condizioni di stress in riferimento alla crosta

L'attività vulcanica, come il gas liberato dalla metropolitana, ha già dimostrato che i campi flegrei sono ancora molto attivi.

Tuttavia, le nuove simulazioni su come le rocce, che coprono la camera magmatica, reagiscono alle fasi di sollevamento hanno mostrato un comportamento imprevisto. Durante la fase di ascesa le rocce si deformano, sotto tensione le rocce diventano più fragili, rendendo più facile per il magma romperle e formare un condotto vulcanico sulla superficie. Precedenti modelli geologici avevano invece assunto che non appena la pressione nella camera magmatica diminuisce, anche la tensione nelle rocce sovrastanti sarebbe calata di conseguenza.

Tuttavia, il nuovo modello prodotto da Christopher Kilburn, Giuseppe De Natale e Stefano Carlino suggerisce che le tensioni tendono ad accumularsi costantemente nel tempo.

Quindi con ogni fase di sollevamento, le rocce sono esposte a forze di tensione più elevate, diventando sempre più fragili e inclini a rompersi.

L'irrequietezza del sottosuolo oggi è dimostrata dai piccoli terremoti locali (assimilabili al più vasto fenomeno sismico che ha caratterizzato il centro Italia, come si può osservare nel video sopra) comunque minori degli episodi di particolare intensità che si ebbero negli anni cinquanta, settanta e ottanta, tanto da portare all'evacuazione precauzionale di decine di migliaia di persone nel 1970 e 1983.

In ogni caso il modello non può prevedere una specifica eruzione. Tuttavia, suggerisce che le eruzioni saranno più probabili in futuro, in quanto la forza della roccia tende a diminuire lentamente ma costantemente nel tempo.

Invece di un sollevamento di grandi dimensioni, un certo numero di solleciti minori sarà sufficiente a rompere le rocce già indebolite, causando l'eruzione di un nuovo vulcano.

Calcolare con precisione il reale stato fisico delle rocce profonde ai Campi Flegrei è una priorità per la ricerca futura. Un obiettivo cruciale che può essere raggiunto in maniera efficace grazie a perforazioni profonde che possono esplorare direttamente le proprietà ‘non elastiche’ del sistema. Questo nuovo modello interpretativo non solleva quindi un campanello di allarme ingiustificato ma rappresenta un’importante evoluzione rispetto ai metodi di previsione delle eruzioni.

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