Le seicento bottiglie di vino
"Quindici uomini sulla cassa del (mosasauro) morto, yo-ho-ho, e 600 bottiglie di rum per conforto! Il bere e Satana li ha spediti in porto, yo-ho-ho, e 600 bottiglie di rum per conforto!"
Devo ammetterlo sono un fan della letteratura per ragazzi, quella avventurosa che parla di mondi perduti, inaccessibili e selvaggi. Per questo ho citato, parafrasandolo, il canto piratesco de L'isola del tesoro (e se mai avrò un pappagallo ricordatemi di chiamarlo "Capitano Flint"). Ma la vera domanda è: quanto paghereste voi per la testa di un mosasauro?
Il mosasauro ha attirato sempre molta attenzione su di sé, già prima che gli facessero fare entrate ad effetto in film Blockbuster sui dinosauri clonati (ma ancora nessuno mi ha spiegato come hanno fatto a trovare una zanzara subacquea che andasse a fargli un prelievo). Aspetto la risposta nei commenti di qualcuno più informato di me su Jurassic World. Forse ha attirato l'attenzione su di sé proprio per il suo essere così "ad effetto", diciamolo pure: è stato scoperto quando la paleontologia era così giovane che molti ancora pensavano che i fossili erano le testimonianze di mostri antidiluviani o scherzi di Dio per testare la fede dei creazionisti. Così il teschio del primo mosasauro conviveva nella mente della gente con due facce diverse: da un lato poteva essere una prova effettiva che la Creazione (quella con la "C" maiuscola) era tutt'altro che finita, anzi le specie si evolvevano ed estinguevano, dall'altro poteva essere un enorme mostro marino durante l'Epoca dei Lumi, dove la ragione e la razionalità la facevano da padroni. Qualcuno, soprattutto tra i ceti più poveri, quindi anche più superstiziosi, immaginava davvero si trattasse di un mostro, magari un drago, o forse una garguglia: una sorta di drago acquatico, una grossa anguilla o un serpente marino, che abitava alla foce dei grandi fiumi secondo il folclore medievale della Francia del Nord, del Belgio e dei Paesi Bassi (il nome deriva dal latino "gurgulio" con significato onomatopeico per "gorgogliare", come il rumore dell'acqua prima dell'assalto di un mostro alle navi di passaggio). Il mosasauro era stato rinvenuto in una cava di gesso a St Pietersberg, vicino il fiume Mosa, da cui prende il nome (l'attuale "Maas" da cui deriva invece il nome della città di Maastricht), poteva benissimo essere un cugino della famosissima garguglia che abitava la Senna, da cui hanno preso l'ispirazione gli architetti gotici per i canali di scarico delle gronde (che come il mostro gettano acqua dalla bocca): i gargoyle.
Era un mostro o la prova della fallibilità di Dio? Mito e superstizione si alternavano dietro questo enigmatico animale che nelle migliori ipotesi scientifiche veniva rappresentato come una sorta di coccodrillo, con la schiena irta di creste e il muso arrotondato. Oggi una tale descrizione, non ammissibile per un Mosasaurus hoffmannii (il nome scientifico deriva da quello del medico da campo che lo ha rinvenuto e studiato catalogandolo come un animale simile ad un coccodrillo: Johann Leonard Hoffmann), si avvicina di più, esclusivamente per la parte del muso, ad un cugino mosasauiridae: il Goronyosauro nigeriano (Goronyosaurus nigeriensis) il cui muso terminava con una specie di cilindro arrotondato e i denti si intersecavano tra loro in modo simile alle mascelle dei coccodrilli.
Dobbiamo aspettare l'occupazione francese del Olanda per avere delle descrizioni scientificamente più accurate. Nel 1795, nel pieno delle guerre che seguirono alla Rivoluzione Francese, Maastricht, data la sua importanza strategica come fortezza, venne occupata dalle truppe rivoluzionarie. Per due mesi i soldati francesi passarono a setaccio numerose abitazioni, cercando il reperto fossile da trasportare a Parigi con altri oggetti di importante valore artistico e scientifico con lo scopo di arricchire le collezioni museali francesi (che insolita pratica per la Francia: ho sentito dire una volta che l'unica cosa francese al Louvre è la polvere. Qualcuno ha nominato la Gioconda? Io no!) Quando il geologo Barthélemy Faujas de Saint-Fond giunse in città assieme al commissario politico inviato per assicurare la pace, Augustin-Lucie de Frécine, vennero promesse seicento bottiglie del miglior vino francese come ricompensa per colui che avesse fatto la "soffiata" sul luogo in cui il prezioso reperto era stato nascosto. Così mi immagino i soldati francesi, novelli pirati della cultura, canticchiare fieri come Long John Silver all'inizio dell'articolo mentre trasportano il loro bottino di guerra fino a Parigi dove verrà aggiunto alla collezione del nuovo Museo nazionale di storia naturale di Francia. E, devo ammetterlo nonostante la polemica di poco fa, fu una fortuna. Qui venne studiato dal grande biologo e anatomista francese Georges Cuvier che con questo fossile, sfidando quello che al tempo era ancora considerato un pensiero eretico, formulò una prima ipotesi di estinzione delle specie animali. Sostenne infatti che doveva trattarsi di un animale scomparso dalla Terra: questo per la Chiesa cattolica era (o è?) inammissibile perché prova che le creazioni di Dio non sono eterne. Dal mio punto di vista invece rappresenta un momento fondamentale per la paleontologia e per la future teorie sull'evoluzione. Cuvier, sostenendo il "catastrofismo", secondo cui le specie viventi di epoche passate sarebbero state distrutte da grandi catastrofi naturali e sostituite da quelle attualmente viventi, era perciò in disaccordo con la teoria del contemporaneo naturalista francese Jean-Baptiste Lamarck, il quale sosteneva un principio evolutivo basato sull'ereditarietà dei caratteri acquisiti. Lo studio e la classificazione del mosasauro è stato uno dei veicoli della nascente paleontologia e questo è uno dei pregi che non gli vengono quasi mai riconosciuti, preferendo parlare di quando è riuscito a far fuori un'iguana albina strafatta di steroidi che fa da "cattivo" in Jurassic World (ma non penso l'Indominus rex sia il vero "cattivo" del film, di cattivo in Jurassic World c'è solo il gusto).
Perciò l'inizio di una rivoluzione concettuale in biologia, partendo dall'assunto che l'estinzione è la regola alla base dell'evoluzione e non l'eccezione (o l'eresia come si ostracizzava all'epoca), si ha grazie all'acquisto di un cranio fossile in cambio di seicento bottiglie di vino. Quando si dice "in vino veritas"!
P.S.: A proposito di "verità", aggiungo, per i miei amici paleoartisti, ma anche per i semplici curiosi, che una rappresentazione artistica del colore di un mosasauride dovrebbe essere basata sullo studio effettuato da Lindgren sulle tracce di melanina nelle squame fossilizzate di questi rettili marini (Lindgren, J.; Sjövall, P.; Carney, R. M.; Uvdal, P.; Gren, J. A.; Dyke, G.; Schultz, B. P.; Shawkey, M. D.; Barnes, K. R.; Polcyn, M. J. (2014). "Skin pigmentation provides evidence of convergent melanism in extinct marine reptiles". Nature 506 (7489): 484–8. doi:10.1038/nature12899). Il colore più coerente con lo studio per questi animali prevede dorsi scuri (neri o blu) e ventri molto chiari, quasi bianchi. Questo è coerente con i meccanismi di mimetismo di molti animali acquatici moderni: dagli squali, alle orche, alle pulcinelle di mare, fino ai pinguini. Tale adattamento permette di essere meno visibili dai pesci, o altre prede marine, che vivendo in profondità sono abituate a vedere toni di colore scuri tutt'attorno a loro e chiari guardando verso l'alto, dove il sole si riflette sull'acqua. Una colorazione scura del ventre di un mosasauride, come ho visto talvolta, sarebbe una sagoma troppo facile da identificare per una preda, se vista dal basso. Allo stesso modo una sagoma di un colore azzurro accesso, se vista dall'alto, smaschererebbe qualsiasi tentativo di appostamento in acque poco profonde. Coerentemente con la teoria, più volte esposta, del mosasauro come predatore da agguato una colorazione che ne assicura il mimetismo in condizioni di luce ottimali è quanto di più realistico una rappresentazione paleoartistica può chiedere. Con questo articolo, decisamente poco serio, si chiude questa settimana dedicata ai mosasauridi: trovate il primo articolo, dove oltre all'animale si spiega anche molto dello spirito che anima il blog, cliccando qui, mentre il secondo articolo, decisamente più "adulto" potete leggerlo cliccando qui.
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